«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Attualità politica, Il culto ragionevole, Questioni morali il 9 dicembre 2018

di Giovanni Traverso

Cristo Natale

Meditazioni su attualità, politica e sul senso del natale, celebrazione dell’evento più straordinario della storia: l’incarnarsi dell’increato Creatore nel suo creato, per redimerci dai peccati e convocarci alla cittadinanza celeste.

«Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna;
perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto;

la città eccelsa l’ha rovesciata, rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo.
I piedi la calpestano, i piedi degli oppressi, i passi dei poveri».

Chi avrebbe mai potuto pensare, duemila anni dopo l’incarnazione dell’unico vero Dio vivente in una stamberga infreddolita di una regione sperduta del Medio Oriente, che il mondo, con il suo bagaglio di corruzione, avrebbe potuto rivelare una civiltà e un tempo tanto abominevole come il nostro coevo?

Allo sguardo della nostra fede, il mondo, questo mondo che abbiamo davanti agli occhi, nelle notizie dei giornali, nelle esternazioni pubbliche dei suoi protagonisti, non è forse simile a un malato terminale che si vanta della sua muscolare potenza, uno zoppo che vanta primati nella corsa, un demente che pretende di istruire il prossimo, una vecchia donna sterile che delira cercando di farsi montare dagli spigoli di casa?

Questo mondo è stato roso dalle fondamenta dal tarlo della superbia umana. Nei discorsi della gente, per la strada, nei bar, nelle piazze, sugli autobus, lo spirito di bestemmia la fa da padrone. Nel cuore degli uomini non sembra esservi l’ombra del rimorso: abbiamo scacciato a pedate Dio dalla storia, Lui, apparso come mite infante; ma chi è disposto a fare i conti con il prezzo di questa folle scelta? Troppo doloroso risalire la china degli errori, troppo oneroso rinsavire dopo aver folleggiato: dapprima nella filosofia, allor quando si abolì la metafisica al netto della pretesa “ragione” umana: quella ragione, ormai sganciata dal suo Logos, si abbandonò per i secoli successivi a una folla corsa verso il vuoto nell’etica, nelle leggi e nei costumi; dapprima in nome di un puro razionalismo, poi nella determinazione d’una mera volontà di potenza creatrice di valore; infine, a seguito del collasso dei totalitarismi novecenteschi in Europa, nel nichilismo di valori il cui esito ultimo sembra essere quel multiculturalismo giuridico, che relativizza tutto per nulla: il nulla dell’uomo senza più fede, sbranato dalle più varie idolatrie del consumo e rivenduto sul mercato come carne da macello ad uso della produttività globale. Ecco nel vuoto di Dio, nel silenzio del cielo, lo smarrimento globale: dopo tanti discorsi, siamo tornati alla schiavitù per debiti, alla paura di vivere, alla sregolatezza più feroce nei costumi e nelle idee. Abbiamo sbagliato strada, perduto la libertà, ma non siamo capaci di tornare sui nostri passi, per ricollegarci a “Colui che abbiamo trafitto”. Abbandonando la fede dei nostri avi, siamo diventati una genia di uomini perversi, decadenti, smarriti, piccoli, terribilmente montati, ciechi, ottusi, ribelli, astiosi, pieni di debolezza, propagatori di scollegamenti fra mille allucinate idee. “Diritti qui”, “diritti là”, mentre siam schiavi di chi fa commercio sulle nostri carni. Non si trova fra noi uno spirito nobile, giusto, equo, pieno di bontà e fede in Dio. Un tale uomo, qualora esistesse, lo stritoleremmo fra i dispacci della nostra pubblica idiozia.

I giornali dei Vescovi, bontà loro, inseguono oasi nel deserto, carezzando la miope illusione di un’Europa solidale, laddove masse di europei, stanchi ed oppressi, agognano a un reddito decente, fomentando una ribellione oscura, senza volto, senza idee, senza spiegazioni: i gilet gialli.

Siamo stritolati in mezzo ad una vasta insensatezza; nessuno più si vergogna di mostrare la propria crudeltà e miseria. Orfani, nudi, ciechi e smarriti: abbiamo bisogno di tutto, abbiamo bisogno di Dio, di Cristo, del suo Natale.

Lettori, questo non è pessimismo: ma realismo. Il realismo cristiano che indica una meta sicura: il Cielo. Là il nostro traguardo, prima del quale bisogna passare per molte sofferenze e purificazioni. Siamo immersi nel fango e solo la divina Grazia può restituire volto umano alla nostra rammollita inconsistenza secondo l’immagine divina che ci rassomiglia al nostro Salvatore.

Questo Natale, facciamo la Volontà di Dio: consegniamoci a Lui, tramite la Confessione dei nostri peccati di adulterio, di distruzione della reputazione altrui, di sottile latrocinio a danno della collettività, di aridità del cuore, di durezza verso i poveri di Cristo, di sporcizia del cuore, della mente, di mancanza di opere degne del Cielo, di approssimazione, superficialità, grettezza d’animo; i nostri peccati sono il grave fardello che contribuisce alla pubblica infelicità: facciamoci slacciare il bagaglio, mettendolo sulle spalle di Cristo. Così un po’ di pace tornerà a fiorire nel nostro cuore prima, indi nei rapporti e nell’intera società. Il malato terminale potrà rinsavire e recuperare le sue forze, perché ciò che è a noi impossibile – essere onesti – è possibile a Dio Padre: Lui ci renderà di nuovo onesti e degni di abitare col Figlio suo, mandandoci il suo santo Spirito a mondare i nostri peccati e ritemprarci con le sue virtù. Sia questo il nostro regalo di Natale, per poter essere un dono di Cristo per gli altri. Questa è la real politik del cristiano. Amen

 

 

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