«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Agenda programmatica il 11 ottobre 2018

di Giovanni Traverso

Migrazioni: una soluzione

Pubblichiamo la nostra proposta per una soluzione del problema migratorio. Con la collaborazione della chiesa cattolica, lo stato italiano può far molto per i migranti e per gli italiani, contemperando senza preferenze le esigenze degli uni e degli altri. Di fronte alla prospettiva cd. ‘sovranista’, sbilanciata a favore dei primi tanto quanto quella progressista, ch’è rivolta alla sola tutela dei secondi, sta una terza via, capace di unire le energie provenienti da ogni campo in una sintesi programmatica originale: la visione e contemplazione di ogni uomo, orientato ed aiutato dal potere pubblico a realizzare la sua vocazione trascendente e trascendente dignità. Entro tale visione sono contemperati gli interessi di tutti gli uomini e di ogni uomo, senza riguardo alla loro condizione accidentale: ricchi o poveri, cittadini o stranieri, tutti, servendo le istituzioni preposte alla tutela del comune bene spirituale (la chiesa) e corporale (lo stato), possiamo collaborare al progresso e allo sviluppo umano della società.

L’accoglienza dello straniero è precetto. La Bibbia richiama numerosi passi dove l’ospitalità verso lo straniero è raccomandata. Il libro di Tobia giunge a dire che alcuni uomini, senza saperlo, ospitarono angeli sotto l’aspetto di forestieri mandati da Dio.
Israele fu, per tutto l’esodo, un popolo di migranti dall’Egitto alla terra promessa. A ben vedere -la chiesa ce lo ricorda- la nostra condizione terrena è di esuli, ancor lontani dalla città promessa: la Gerusalemme celeste. Cristo stesso e la sua famiglia, come il Papa ha recentemente ricordato, furono una famiglia in esilio, a causa della persecuzione del potere temporale. Insomma, la condizione dei migranti, come ogni condizione umana caratterizzata da un’insita debolezza, attira lo sguardo misericordioso del Padre celeste, e chiede a noi tutti, di identificarci e farci prossimi con coloro che soffrono la condizione di esule, del forestiero sfinito, del diverso per colore della pelle, lingua, etnia, religione, senza per questo venir meno alla nostra identità – se l’abbiamo conservata – di figli di Dio.
Anzi, proprio la carità ci sospinge operosa a rintracciare soluzioni condivisibili a quanti soffrono, senza dimenticare i nostri connazionali. Difatti la parola di Dio ci rischiara e indirizza verso il giusto atteggiamento che, chi vuole operare la carità, deve tenere:

“Fai il bene, senza trascurare quelli della tua casa”.

Questa parola indica la duplice finalità di cui dobbiamo tener conto, per non colorare il discorso verso ingiuste preferenze: il bene comune richiede di contemperare le esigenze di chi accoglie con quelle di chi chiede accoglienza.
La dottrina sociale a tale riguardo ci viene incontro con una parola chiara in tal senso, laddove connette e restringe la possibilità d’accogliere stranieri alla reale capacità della nazione ospitante. Un discorso orientato a pragmatica ragionevolezza.
Si comprende così come ogni immissione di quote di presenza di stranieri sul suolo nazionale, debba corrispondere a un’effettiva capacità delle strutture amministrative di rendere effettivamente degna la permanenza dello straniero nel territorio della repubblica: altresì verrebbero meno i diritti a un pieno sviluppo della sua persona, proprio ció per cui la repubblica (art. 3 cost.) è stata costituita.
Non soltanto, venendo meno le effettive capacità del nostro tessuto civile di assorbire e integrare con vitalità e slancio la presenza straniera, ne conseguirebbe – come avviene – una penosa coabitazione che, se non arginata per tempo, aumenterebbe gli episodi di violenza, intolleranza e dissidio sociale, frutti questi, a ben vedere, anche del malcontento acuito in molti a causa dei pochi che hanno inteso dirigere la politica nazionale con atteggiamento di sufficienza verso le ragioni di chi lamenta un’eccessiva presenza di stranieri sul suolo patrio.
Insomma, quando si tratta di ragionare sul bene comune, per stabilire priorità di salvaguardia fra il bene della comunità che accoglie e quella che si insedia, occorre anzitutto rilevare soluzioni che realizzino il bene d’ entrambe le parti in causa; ció puó farsi in un solo modo: mettendo cioè al centro il bene delle persone in quanto persone, non in quanto strumenti per altri fini.
La distinzione, che a prima vista puó sembrare sottile, sta in realtà al cuore dell’approccio d’una visione ispirata al realismo cristiano, cui conseguono scelte politiche precise in risposta agli attuali problemi.
Qui si scontrano tre modi di vedere la persona umana, che sinteticamente riassumiamo in questo modo:

1. Approccio individualista/sovranista
2. Approccio idealista/progressista
3. Approccio realista/cristiano

Il primo approccio, per favorire l’interesse privato e nazionale, considera lo straniero alla stregua di un impaccio all’ordinato e sicuro svolgimento della vita sociale.

In questo modo, se da un lato viene ottemperata la funzione pubblica dello stato quale responsabile della sicurezza dei cittadini, dall’altro viene meno quello sguardo capace di cogliere nello straniero una persona umana, immagine di Dio, degna di esser risollevata dalle sue condizioni di oggettiva difficoltà. Un tale approccio soddisfa pertanto le prerogative del pubblico potere, ordinato alla sicurezza e pace dei concittadini, mentre dall’altro sembra far venire meno quelle attese di solidarietà verso lo straniero che molti concittadini si attendono anche da parte dell’autorità.

Il secondo approccio, quello ideal-progressista, antepone invece all’interesse della comunità nazionale e alle esigenze di sicurezza dei privati la causa della “solidarietà” verso lo straniero. In tal modo, mantengono una viva collaborazione con quelle realtà extra-governative (ONG), che di fatto tendono ad ignorare gli interessi della comunità nazionale, servendosi dei porti pubblici come luoghi di scalo della merce umana strappata alla morte per mare e al traffico d’uomini. Questo secondo approccio è criticabile per le ragioni inverse al primo, laddove, in nome della solidarietà verso lo straniero, sembrano venire meno, o esser tenuti in secondo piano, gli interessi alla tutela della sicurezza pubblica verso i propri concittadini: questo che, se mai, secondo l’ordine naturale delle cose, dovrebbe essere un primario interesse da rispettare.

La proposta cristiana mira dunque a porsi come mediazione fra questi due approcci, e si fonda su dei principi che traggono la loro forza, da un lato, nella dignità della natura umana rivelataci da Cristo, la quale ci rivela che ogni persona, qualunque sia la sua condizione accidentale è rivestita di una dignità che la trascende che la chiama a tendere verso Dio, quale fine del suo esistere, per partecipare di Lui nella felicità imperitura della Sua eterna vita: onde ne consegue che ogni uomo, donna, bambino, ricco o povero, in salute o cagionevole, libero o schiavo, reo o innocente, per il fatto stesso di partecipare della natura ad un tempo razionale e umana del logos di Dio in Cristo, è degna di non esser relegata a nessuno stato di inferiorità di quello in cui si trova in quanto convocata alla cittadinanza celeste. Dalla contemplazione di questo status, che appartiene ad ogni uomo in quanto uomo, ne deriva in secondo luogo che ogni persona umana è realmente simile a Dio, in quanto egli è una pluralità di persone in una medesima natura divina simile a ció che noi uomini siamo: una pluralità di persone unite in una medesima sola natura, quella umana.
Alla luce di questa duplice rivelazione, la nostra dignità trascendente e somiglianza con Dio, si puó rettamente comprendere quale è il fine precipuo per cui comunità statale ed ecclesiale sono istituiti: il primo verso la tutela dei corpi, la seconda verso quella delle anime degli uomini. Compito distinto quanto all’oggetto di tutela specifico, ma al servizio di un medesimo soggetto: la persona umana creata, immagine dell’increata persona divina.

Ora, proseguendo nel discorso e alla luce di quanto detto, comprendiamo come ogni comunità statale, se intesa nel suo fine più alto, oltre a proteggere come deve i cittadini dal disordine che i fenomeni migratori comportano, ha l’opportunità altresì di farsi promotore e soccorritore di vita e sviluppo umano, unendo i suoi mezzi e fini con quelli della Chiesa cattolica, perché fine d’entrambi è il bene comune a tutti gli uomini.
Si comprende così come il soccorso dello straniero, integrando le attese di lavoro e sviluppo dei cittadini, possa trasformarsi in una occasione di sviluppo per tutti, laddove si pianifichi ed organizzi un grande piano di istruzione e formazione in favore delle genti che migrano,  avente un duplice scopo: realizzare in essi le aspettative della loro vocazione umana e allo sviluppo di mestieri e professionalità, ordinandole al reintegro in patria; conseguire così il il graduale spopolamento della loro presenza dalla nostra penisola favorendo, non da ultimo, la promozione della nostra repubblica quale faro di civiltà per il mondo.

Queste le fasi del piano, che prevede un preliminare patto fra i rappresentanti dei migranti, il governo della Repubblica e la chiesa cattolica:

1 – Gli immigrati che arrivano sul territorio della nostra Repubblica e desiderano restarvi, secondo un accordo con la chiesa cattolica da attivarsi, vengono immediatamente destinati ai centri di formazione appositamente attrezzati sul territorio italiano, frutto di una nuova stagione di collaborazione fra stato e chiesa. Poiché la Chiesa dispone di grandi quantità di immobili attrezzati, spopolati a seguito del crollo delle vocazioni, in tali luoghi i migranti vivranno e studieranno in collegi appositi, formandosi per un periodo non minore ad es. a 5 anni. In tali luoghi, sarà cura dello Stato e della Chiesa cattolica far pervenire grandi e piccole maestranze prese dai territori di tutta Italia, cioè neo-laureati, diplomati, o semplici esperti in qualche arte o professione di qualunque genere (ad es. maestri calzolai, panificatori, rammendatori, coloritori etc.), che tramite stipendi pubblici formeranno le persone, lì dimoranti in comunità separate (maschili e femminili), tramandandogli il proprio sapere o la propria maestranza secondo specifici corsi di pratica o studio a scelta degli interessati.

2 – Per il patto stipulato fra le parti, trascorsi i 5 anni di formazione, gli immigrati, ormai divenuti cittadini del mondo e periti in qualche campo, essendo formati ciascuno nella propria specifica maestranza, mestiere o professionalità, in cambio del grande beneficio di cui hanno goduto per 5 anni, vale a dire il vitto, l’alloggio, istruzione e formazione a spese dello stato, saranno obbligati a rientrare nel proprio paese d’origine, col fine specifico di mettere in applicazione ciò che hanno imparato al servizio della loro nazione patria.

Questo in sintesi.

I benefici di un programma di questo genere sono molteplici e proviamo a esplicitare alcuni:

– il fenomeno migratorio verrebbe sottratto ai fenomeni del caporalato e delle condizioni di lavoro in schiavitù; i migranti trasformati in cittadini istruiti in grado di portare il proprio contributo alla loro terra patria.

– il fenomeno migratorio verrebbe “smaltito” in un circolo razionale di reintegro verso le società originarie che tal fenomeno hanno prodotto: se il problema dei migranti è che nelle loro terre d’origine essi non trovano condizioni sufficienti per ricercare il proprio benessere, una volta dotati di un mestiere o una professionalità, essi potranno spenderla non solo con profitto per sé, ma anche a servizio della nazione che li ha sospinti alla ricerca di un benessere all’infuori della propria terra. Tutto ciò del resto favorirà la soddisfazione degli italiani che soffrono a causa del sovraffollamento della presenza straniera in Italia.

– le maestranze richieste per un tale programma significano numerose assunzioni e posizioni di lavoro aperte per i giovani italiani istruiti, non costretti ad espatriare perché in grado di rendersi utili in patria subito dopo la laurea o i diplomi presso le strutture asilo di formazione.

– la normalizzazione del fenomeno migratorio in seno al programma ridurrebbe di molto anche tutti coloro che, non sapendo che fare, si gettano in mano ai traffici di droga per poter guadagnare qualche cosa da vivere: con sottrazione di forza lavoro al traffico organizzato e gestito dalla mala vita.

– la Chiesa cattolica, mettendosi a disposizione dello Stato con le sue strutture e la sua grande vocazione al servizio, riacquisterebbe motivi di credito agli occhi della popolazione, smarrita di fronte ai recenti scandali. Inoltre, fra gli altri benefici, maturerebbe fra i banchi nuove ordinazioni e consacrazioni, perché Dio frutterebbe le sue opere concrete in grazia di nuove vocazioni, ciò di cui ha eminente bisogno in Europa.

– lo Stato risolverebbe in un solo programma molti dei problemi che lo affliggono: disoccupazione, immigrazione incontrollata, caporalato nelle campagne, spaccio di droga nelle città.

– la Repubblica italiana metterebbe in campo un processo unico e illuminato davanti allo sguardo di tutti i popoli della terra, i quali non potrebbero che trovare, ancora una volta, invidiabile la nostra terra, foriera di soluzioni di civiltà sempre un passo innanzi tutti gli altri. E pertanto, se ben fatta, una tale operazione non potrebbe che attrarre il consenso e l’esempio di molti altri paesi, facendo così del nostro popolo un propulsore di civiltà.

– i paesi africani troverebbero una grande risorsa, perché vedrebbero tornare in patria cittadini istruiti, integrati e in grado di prendere a cuore il destino del proprio sviluppo, senza dipendere dalle logiche capitalistiche degli sfruttatori del mercato e dall’arretratezza storico-culturale loro propria.

Tutto ciò, ovviamente, concorrerebbe grandemente alla carità e alla concordia generale, facendo del nostro paese un faro di autentico sviluppo. E le benedizioni divine affluirebbero così grandi e soavi sopra la nostra nazione, che tutte le sue genti ne resterebbero sovrabbondanti in beni, entusiaste nel seguitare con le opere buone e soddisfatte e contente sotto ogni altro aspetto.

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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