«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Ecologia umana il 5 settembre 2023

di Giovanni Traverso

Essenza della donna

Contrariamente a quanto inteso da antichi e moderni, la donna è essenzialmente dono del Creatore per l’uomo. La considerazione di ciò, che apprendiamo secondo Scrittura, basterebbe per educare il nostro sguardo a contemplare con serena dolcezza e riguardo l’essenza oblativa di quelle creature a noi così consimili, in quanto pensate e create dal Signore Dio nostro per venire incontro alla nostra solitudine esistenziale. Per coltivare tale sguardo, offeso e mortificato dalle apprensioni affettive di un erotismo mal vissuto e male indirizzato nelle nostre società, è preliminare una necessaria purificazione interiore, cui la Scrittura stessa sembra impegnarci: prima del dono della donna, condotta a noi quale “moglie” già nella sua essenza, ad Adamo è richiesta l’osservanza del divino comandamento. Esso, che è uno alle origini, viene poi a moltiplicarsi in più precetti a seguito della disobbedienza. Ma in Cristo si riunifica in uno solo: “Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi”. Così, in Cristo, tutte le cose sono virtuosamente riportate all’unità originaria, verso la quale siamo chiamati a incamminarci, anche mediante il connubio e Sacramento del matrimonio. E’ questo l’unico percorso verace atto a risanare in radice taluni mali così presenti oggi nel corpo sociale, ferito dalle piaghe degli infanticidi e dei cd. “femminicidi”.

L’essenza di una donna, di ogni donna, è rivelata ad ognuno di noi dalle parole scritturali di Genesi vv.16-25. Rimeditiamole.

16  Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino,
17  ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
18  Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile».
19  Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
20  Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
21  Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.
22  Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
23  Allora l’uomo disse: è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta».
24  Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
25  Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Notiamo questo: il primo e unico comandamento -perché uno soltanto all’inizio era il comandamento dato dal nostro Creatore a noi per conservarci in relazione vitale con Lui- fu a noi donato prima della creazione della donna.
In ciò sta già un fatto decisivo per l’esistenza di ogni uomo maschio: noi viviamo anzitutto mettendoci davanti alla parola e al comandamento divino, e nella relazione con quello; dopo, e solo dopo, deve trovare posto la nostra relazione con la donna che egli ci condurrà, quale ulteriore dono per noi. Ma occorre cercare il Regno dei cieli, prima della donna. Trovatolo nella Sua parola, che è il Cristo, ella verrà con tutto il resto di conseguenza, come da Lui promesso (Mt 6,33). Costei, infatti, il Creatore non ce l’ha donata e messa accanto fin dal principio, bensì dopo, perché risaltasse davanti a noi dapprima il primato del precetto divino -la Sua parola- cui dobbiamo guardare e porci in relazione primaria; solo dopo aver atteso a quella, la donna verrà da Lui condotta a noi. Solo dopo aver accolto il Verbo di Dio in noi, saremo in grado di far posto all’accoglienza della donna e al dono dei figli. Se la donna, invece, venisse prima -perché noi l’abbiamo afferrata da noi stessi- prima d’aver trovato il Regno e separatamente dall’obbedienza che dobbiamo al divino comandamento, in tal modo noi avremmo perso la relazione con la vita -dico quella increata e sorgiva- e con quella anche la donna che ci è accanto, con la quale non potremmo conservarci nella santità dell’amore e per la vita eterna, ma solo trattenerci accidentalmente mediante reciproco dominio nell’egoismo e nella voluttà: cosa che comporterà perdere noi stessi e anche colei che ci è accanto, non più sostegno e conforto della nostra esistenza secondo quella costituzione originalmente impressa dal Creatore nel nostro animo, ma strumento di rovina per la perdizione vicendevole mediante peccato. Nessuno infatti arriva ad uccidere la propria donna, se non perché -perduto- l’ha già persa; né potrebbe dare ad altri diversamente da ciò che ha in sé stesso e per sé: il segno della perdizione eterna di Dio.
Ma veniamo alla donna, oggetto centrale del nostro discorso: ella è concepita dall’intelletto creatore quale consolazione della solitudine dell’uomo. Fin dal principio, potremmo dire, ella è così creata e donata all’uomo quale sua moglie. Eccone l’essenza: la donna è un dono per l’uomo, non per ogni uomo, ma per quello che accogliendola le si dona, e da due il Creatore fa una sola carne. Ecco spiegato l’istinto della donna verso il proprio uomo; ecco spiegato la ragione del successo del matrimonio nei secoli e della fondamentale importanza che questo istituto divino ed umano ha per ogni donna, checché l’indole più o meno corrotta ne protesti. Sposarsi, per una donna, significa aderire alla ragione creatrice per cui ella esiste e viene creata dal Suo creatore: donarsi all’uomo, suo marito. Né l’uomo protesti di poterne fare a meno, a meno che non chiamato a speciale vocazione sacerdotale da parte del Divino Maestro: il nostro essere non è fatto per restare solo con sé stesso, ma per donarsi ad altri, e particolarmente alla moglie. Così deve intendersi il comando divino al marito: “Amate le vostre mogli” (Ef, 5,25-33), non quasi come imperio, ma come soccorso celeste -in forma di precetto- alla nostra mascolinità ferita, al fine di aderire al connaturale bisogno -così negato da una falsa, vuota e crudele rappresentazione sociale della mascolinità stessa- di donarci a colei che Dio ci ha posto accanto, anche a custodia della nostra integrità e purezza d’affetti. E cos’è il matrimonio se non la reciproca donazione di un uomo e una donna che liberamente scelgono di vivere in comunione di vita, che mediante l’amore vicendevole cooperano con il Creatore per popolare il mondo di nuovi figli di Dio? Mediante i genitori, Iddio provvede a donare l’esistenza a quanti egli desidera chiamare all’esistenza per comparteciparci della Sua gioia d’eterno vivere: “Trovavo la Mia delizia tra i figli dell’uomo” (Pr 8,31). Qualcosa di apparentemente molto umano rivela dentro di sé un piano molto divino e felice.
Vi sono molti insegnamenti in questi versetti, e chissà quanti ce ne sfuggono ancora più di quanto non pensiamo di averne scovati, ma per quanto debole sia il nostro intendimento delle scritture, pure desidero sottolineare e rimarcare un ulteriore passaggio, dopo quanto detto.
Si noti come sia il Signore a condurre la donna dall’uomo. Adamo, quantunque solo, non va a caccia di donne; è il Dio che ne conosce gli intimi pensieri a condurre a lui la sua sposa e moglie. Se qualcuno, cattolico, si trova a riflettere sul proprio matrimonio, esamini quanto è vero che il Signore, ad un certo punto della nostra vita incompleta, ha creato le circostanze idonee per l’incontro con nostra moglie. La bellezza e forza del nostro Dio sta anche in ciò: egli si preoccupa per noi anche di questa speciale preoccupazione, che ci accompagna per tutta la giovinezza. Trovare la donna per cui poter esclamare: “Questa sì è veramente ossa delle mie ossa e carne della mia carne!”.
Quale dio ha fatto questo, se non il nostro unico e vero Dio? Quale dio ha santificato così bene l’amore fra uomo e donna, facendo di quest’ultima, fin dalle origini e nella propria essenza, un dono per me uomo? Ma se qualcuno si trovasse ancora solo ad attendere di conoscere sua moglie, confidi nel Signore e lo cerchi: certamente Egli, suo Creatore, gliene farà dono.
Attenti però: come ogni dono va ricevuto con gratitudine al donatore e avendone cura, come si deve verso tutto ciò che è prezioso perché fatto da Dio, anche verso la donna, e specialmente verso quella cui il Signore ci ha unito corporalmente, noi dobbiamo usare il massimo rispetto verso la santificazione comune. Siamo un unico corpo con nostra moglie e nessuno tratta male il proprio corpo, se non è impazzito.
Santificandoci nella vita coniugale, e mettendo insieme le forze creative per sostenerci al Signore, cooperando con la Sua divina grazia e accettando di contribuire alla creazione nell’apertura senza calcoli al dono dei figli, possiamo fare delle nostre modeste famiglie delle piccole oasi di santità vissuta, perché fra tanti difetti e peccati -che pure non mancano nelle famiglie cristiane- tuttavia sovrabbondi la divina grazia che il Signore riversa nel seno di coloro che uniti sperano e vivono in Lui.
Questo farà molto per guarire la piaga della violenza nelle nostre società, e specialmente quella piaga che produce delitti contro i nascituri, procurati dagli aborti delle donne, e delitti contro le donne, procurate dalla disonestà di uomini che a tal punto di spregio hanno rifiutato Dio, da acconsentirsi perfino di violare il comandamento divino di non uccidere, e uccidere colei che, nell’obbedienza, il Signore avrebbe messo accanto all’uomo come dono e non a motivo della propria condanna.
Sia l’infanticidio che l’omicidio sono gravi peccati davanti a Dio; ma ad essi può porre rimedio l’educazione cristiana, secondo l’intendimento delle scritture che in questi discorsi abbiamo ripercorso. Al contrario, maschilismi, femminismi e quant’altro mira ad isolare l’uomo dalla donna e la donna dall’uomo vanno deprecati e combattuti, perché fomentano d’entrambi gli istinti più egoistici, pretendendo di scardinare verità fondamentali insite nella nostra connaturale costituzione, fissata fin dalle origini e mai “abrogata” dal Creatore. Tali derive, più che propaganda ideologico-politica di matrice umana, all’occhio della fede rivelano una chiara matrice diabolica, sforzo congeniale agli scopi di chi, col divino permesso, per la propria perversa natura attenta al disfacimento dell’opera sapiente che il nostro felice e buon Creatore ha fatto e sempre continua a fare per il nostro bene più vero, santo e comune. Assecondare quest’opera divina, contraddicendo la diabolica, è quanto di più ragionevole e felice possiamo realizzare per mezzo della libera volontà che Egli ci ha donato. La più autentica carriera si percorre addentro alla logica di Dio, fuori essendovi destino solo di pianto e stridore di denti.

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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