«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Dottrina sociale il 29 dicembre 2017

di Monsignor Michel Scooyans, membro dell´ Accademia Pontificia per le scienze sociali

L’annuncio di una grande gioia

La qualità di un potere si valuta dall’ attenzione rivolta ai più deboli: anzitutto i nascituri. Con riferimento al vangelo secondo Matteo e alla nascita di Gesù, l’ autore ci introduce nel vivo di un problema grave dei nostri tempi.

«Ecco, io vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo» (Le 2,10). Le parole degli angeli ai pastori restano scolpite per sempre nel nostro cuore, da quando il Figlio di Dio ha scelto di farsi bimbo nel grembo di Maria per avvicinarsi agli uomini e per piantare la sua tenda tra noi. All’ aurora della salvezza, il messaggio che viene proclamato è la lieta notizia di una nascita, la nascita dei Salvatore dei mondo. Rendendo l’ uomo partecipe della sua opera creatrice, affidandogli la responsabilità di trasmettere ad altri uomini il dono della vita umana, Dio lo invitava a fare di ogni nascita una festa che,generazione dopo generazione, segnasse la storia dell’ umanità.
I pastori hanno subito capito quanto importante fosse quella nascita: sono partiti senza indugi, pregustando la gioia di vedere il bimbo appena nato. Ora, san Luca riferisce in quale modo fu ricompensata la loro sollecitudine. Furono infatti quei poveri pastori, primi fra tutti gli uomini dopo Maria e Giuseppe, a rendersi conto che quel neonato, nudo e inerme, era venuto al mondo per portare a compimento le promesse di Dio.

Scegliendo la via dell’incarnazione per entrare nel mondo, Gesù ha quindi ancorato la salvezza a quella novità gioiosa che è la nascita di un essere umano. Egli ha tuttavia anche messo in luce che la nascita di un essere umano è portatrice di un significato nuovo. Non appena nato, il bambino viene presentato ai «pastori» perché lo riconoscano: essi gli si avvicinano per vegliare su di lui e per meravigliarsi della sua nascita. Il bambino è però anche il segno nel quale i testimoni sono invitati a riconoscere l’ immagine di Dio. Attraverso il bambino, Dio viene verso l’uomo e l’uomo va verso Dio.
Dopo Betlemme, tra i figli degli uomini e il Figlio di Dio viene a crearsi una solidarietà nel bene e nel maie. Nel bene, perché tutti i figli degli uomini sono chiamati a diventare figli di Dio e fratelli e sorelle di Gesù. Nel male, perché tutti i figli degli uomini vengono esposti, come Gesù, alla possibilità di essere rifiutati e messi a morte.

A questo riguardo, rivelatrice è la reazione di Erode, nettamente contrastante con quella dei pastori. Come riferisce san Matteo (capitolo 2), Erode, a differenza dei pastori, non si lascia coinvolgere dal Bambino. Egli crede che il Bambino Gesù sia venuto per privarlo dei suo potere, vede in lui una minaccia per la sua sicurezza. Ora, se il Bambino fa tremare Erode, ciò è dovuto al fatto che la sua fragile presenza basta da sola a smascherare l’ingiustizia dei potere dei tiranno, che governa solo per il suo tornaconto. È per questo che, nel tentativo di colpire Gesù, Erode stermina i bambini che di lui sono l’ immagine. Prendendosela con innocenti, Erode dimostra l’ iniquità dei potere che esercita.

Sin dalla prima infanzia di Gesù, quindi, risulta evidente che tra il Figlio di Dio e i più piccoli esiste un legame che non verrà mai meno nel corso dei secoli. D’ora in poi, la qualità di un potere sarà valutata a partire dalla qualità dell’ attenzione rivolta ai più deboli in seno alla società umana.

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