«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Appunti sulla logica divina, Questioni morali il 3 marzo 2018

di Giovanni Traverso

Pedagogia politica

Per una pedagogia politica che ci orienti ad una rinascenza dei nostri costumi civili è necessaria una forte, coerente e pubblica testimonianza di Cristo. Il primo voto da esprimere, nel segreto della propria coscienza, resta Dio o non Dio, in Cristo. Da quello, poi, derivano dei diritti per il Creatore creduto e dei doveri per il credente che ha “fatto voto”, che investono la sfera pubblica. Considerazioni a riguardo.

L’intento di questo servizio, ribadiamolo, affianca intento politico e pedagogico. Una rinascenza a livello politico globale, ne siamo profondamente persuasi, può compiersi solo e soltanto in una graduale ascesi collettiva, o per meglio dire, in una patria discesi dalle vette della “superbia di vita” (1Gv) alle valli dell’umiltà.
Nella parola di Dio, di cui l’umiltà si nutre, e tramite il magistero della chiesa per quanto insegna la dottrina sociale, la città terrena in cui ci è dato quali figli adottivi del celeste Padre d’operare, trova le risorse per ragionare sulle scelte pratiche che assicurino la nostra nazione a un cammino sicuro, stabile e prospero dietro al Signore, che assicura:

Chi segue me non commina nelle tenebre (Gv 8,12)

Se desideriamo il benessere economico, dobbiamo disporci a coglierlo dunque quale frutto conseguente di una società coesa, dove l’affidamento fra le persone non sia venuto meno a causa della corruzione dei costumi mentali e pratici: ciò comporta la santificazione e conversione del nostro convivere civile. Tale pedagogia, applicata primariamente da quanti la propongono e riproposta politicamente a modello e sprono della popolazione, puó sradicare gradualmente le nuove generazioni dalla ricerca dei fini più voluttuosi e dispersivi per la propria esistenza: droga, alcool, pornografia, speculazione, smodate ambizioni di carriera e brame d’arricchirsi sono portati dell’assenza di cammini veritieri su cui commisurarsi. Al fine del profitto e del piacere, assunti a idoli e modelli di vita dal secolo presente e diventati motivo di disgregazione per la società così svuotata dal suo interno, dobbiamo così sostituire e proporre programmaticamente un vivo anelito verso Colui che ci convoca e precede quale nostro fine eterno, maturo in misura scossa, pigiata e traboccante: un cammino verso la pienezza senza fine. Chi restituirà infatti al nostro convivere prosperità ed equilibrio se non il soffio della sua grazia divina, che si fa presenza pacifica dello spirito di Dio nel cuore delle donne e degli uomini, degli anziani e dei bambini?

Cristo pubblico

La virtù operosa che promana da Cristo, maestro del diritto, legislatore di natura, sovrano sopra i popoli, fruttificherà le opere buone in seno ai nostri rapporti familiari e sociali, stempererà le inquietudini, mitigherà le asperità del cammino comune, rendendoci più docili e inclini a ben considerare e vedere il prossimo e la vita in genere. La dimensione laica in cui operiamo non presuppone di scartare il fondamento vitale che tutti sostiene: anzi, il pubblico riferimento a Dio creatore e alla nostra creaturalità e dipendenza da Lui si fa oggi più mai necessario in quanto il mondo è orfano di riferimenti trascendenti ed espone vieppiù la comune e connaturata fragilità alle tentazioni del traviamento, conducendoci a fallire il significato dell’esistenza e grave danno.
La virtù che sgorga da Cristo, al contrario, emana una luce che renderà la nostra coabitazione più felice. Essa non puó disgiungersi dal generare frutti di carità ed abbellirsi dei fiori profumati di una veritiera giustizia.
Senza l’incontro con la verità di Dio, la politica terrena soffre le lacune e devianze che ogni apparato e costruzione meramente umane comportano. Lo studio della storia, del resto, mostra come, ancorché ammantatesi di nobili ideali, caducità, imperfezione, deficienza e contraddizioni insite alla nostra condizione umana si riverberano e amplificano in seno alle costruzioni politiche cui diamo vita: fin tanto che i cuori non si aprano alle virtù che lo spirito santo infonde, purificandoci singolarmente e comunitariamente, l’amicizia fra gli uomini per un migliore avvenire resta pia illusione, accrescendosi lo spirito di competizione e la discordia civile. Senza grazia, l’agenda politica si conforma alle indicazioni dell’ambizione, viene concepita con spirito di dominio anziché di servizio, genera il mal governo che inquina la pace sociale. Un cuore grato e benedetto da Dio, invece, è pegno a garanzia di buon governo per la moderazione degli appetiti, la dominazione di sé, la disponibilità a trascurare il proprio interesse per perseguire quello, gradito a Dio, comune a tutti. L’anima devota, per opera della grazia divina, giunge gradualmente al superamento di sé compiacendosi veramente di operare il bene senza doppiezza, inganno o dissumulazione; in tale edificicio interiore, opera di Dio e dell’uomo animato da ben volere, non trova spazio ciò che massimamente inquina il convivere: corruttibilità e ambizione sono prima stemperate e poi definitivamente bandite.
Relegare la fede a fatto privato, pertanto, significa privare la dimensione pubblica della carica virtuosa che promana da un dovere che obbliga davanti a Dio non soltanto i fedeli, ma tutte le creature ragionevoli: il Creatore vuole ricevere la glorificazione dalle sue opere, cioè da noi, con parole e azioni degne di Lui. Dalla nostra creaturalità e libertà scaturisce per Dio un diritto morale, quale autore dell’ opera creata, di essere riconosciuto Creatore, e pertanto proclamato benedetto e pubblicamente acclamato quale Signore. Detto diritto comporta da parte nostra il dovere morale di tributare a Lui la effettiva sovranità sul reale: non a parole, ma con opere concrete degne di Lui. Tale disposizione ci aiuterà a comportarci non da padroni delle istituzioni che ci sia affidato di reggere, qualunque esse siano, ma quali amministratori di un bene comune a tutti, verso la cui tutela siamo severamente scrutati dagli angeli di Dio.

Logica divina o barbarie

L’opzione Dio o non Dio, in Cristo, è la prima scelta politica che la nostra comunità è chiamata a fare.
Se Cristo è, quale è (Gv 1,1), la ragione increata di tutte le manifestazioni create della sua potenza, bisogna convenire che colui che ha creato tutte le cose e noi, ha il diritto all’onore pubblico da parte di tutti. Non dobbiamo pertanto stupirci se, sottrattogli un tale onore a causa dell’ empietà, la civiltà sprofondi per conseguenza nei meandri dell’abbaglio metafisico, del traviamento morale e della barbarie ideologica. Infatti, se al principio della realtà di Dio, che obbliga all’amore fra le creature, viene sostituito il criterio razionalistico dell’utilitarismo pragmatico (“non importa stabilire ciò che è reale, ma solo ciò che è utile”), la società stessa diventa una giungla dove solo il più forte, o in quanto più competitivo e scaltro (utilitarismo pragmatico) o in quanto prepotente e violento (fondamentalismo ideologico), trova spazio e sbocco a discapito di tutti gli altri. Laddove una ragione infedele al suo logos non intervenga a contemperare le esigenze di tutti, i più deboli diventano oggetto di abuso e predominio: questi, o per intrinseca debolezza di natura (persone in procinto di nascere, ammalati, disabili), o per fragilità acquisita a causa delle circostanze (migranti economici e disoccupati), vengono di fatto valutati come la merce, dislocati, resi aggredibili dalle esigenze del mercato o infine svalutati quali scarti inutili, e pertanto fatti oggetti di politiche che mirano a togliergli di mezzo da parte di un sistema certamente in grado di “legalizzare” le sue pratiche in sede di diritto, ma fondamentalmente iniquo.

L’uomo sacerdote di natura

Ora, poichè nella vasta creazione terrena, disposta da Dio secondo gerarchia di innumerevoli forme di vita vegetale ed animale, solo all’essere umano è data la conoscenza del logos, esprimentesi nel potere di parola e dunque di lode, ne consegue per ogni persona il potere/dovere di dar voce alla creazione muta al fine di cantare davanti a Dio le sue lodi per l’opera creata, secondo il Salmo:

” Lodate il Signore, voi tutte sue creature! “

e ció, per rassomigliare la creatura eletta al suo creatore, al diritto di questi, quale autore della vita, ad essere lodato, diventando così per tutti gli uomini un dovere etico e civile il rendere grazie a Dio per l’opera da lui compiuta: la creazione del mondo per opera dello spirito creatore e la redenzione delle generazioni umane tramite Cristo, l’eterno figlio e nostro redentore.
Trascurando il quale compito la nostra civiltà non potrà che smarrire il proprio ruolo naturale e sacerdotale cadendo, come di fatto avviene, in preda al miraggio degli idoli, ossia di false immagini di Dio, nella ricerca di surrogati che non danno -voluti per se stessi- felicità alcuna: sesso, potere e danaro.

La necessità dei divini sacramenti per l’adempimento dei doveri politici

Tuttavia, senza immersione nella grazia divina, non è possibile rinsavire dai miraggi collettivi che ci distolgono dalla visione del retto cammino da intraprendere. Onde la necessità dei sacramenti, istituti divini a rimedio della nostra ostinazione nell’errore. La chiesa, ordinata in tal senso, è la locanda dove possiamo rigenerarci di continuo per irrobustire le nostre ossa infiacchite dal cammino e ridestare la fame e la sete di vita eterna.
Senza i sacerdoti, che ci porgono il pane e il sangue di Cristo, la nostra fame di Dio si traduce gradualmente in una pericolosa inappetenza, che rischia di immobilizzare lo spirito, rendendolo inetto ad agire con quella carità che si raccoglie solo per umile disponibilità alla continua purificazione del nostro quotidiano in Cristo.
Così, rigenerandoci di continuo al contatto con la sorgente misteriosa onde cui tutte le cose e noi siamo stati creati, la grazia divina, tramite i divini sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia, quali figli di Dio possiamo tornare a prosperare mettendoci a servizio gli uni degli altri. Uno spirito di collaborazione e amicizia discende allora in noi ed opera fra gli uomini quale dono di Dio, rendendoci capaci di rafforzare la pace sociale.

Potere di servizio, non di dominio

Per concludere, la politica ci interessa quale servizio reso a Dio tramite il mondo e reso al mondo tramite lo spirito di Dio, ed ogni uomo, donna, anziano e bambino ci interessa in quanto immagine vivente di Dio in Cristo: dunque per servirlo e non per servircene. Se non servissimo il mondo che vediamo, infatti, il Dio che non vediamo ma conosciamo per fede nel giudizio che si approssima non ci riconoscerebbe quali servi suoi, ma di noi stessi. E a che potrebbe servire ogni forma di dominio che esercitassimo sulla carne del prossimo per il nostro tornaconto, se poi risuonasse per noi un “guai” eterno? Il timore di Dio, dunque, che ci sospinge verso la vita politica, è al contempo il freno virtuoso, dono del cielo, a garanzia che non la sciocca ambizione ci muova a ragionare delle cose comuni, bensì la visione finale per cui la creazione, e le istituzioni in essa create, esistono: una felicità eterna.
Entro tale atteggiamento, nutriti di profonda devozione per il nostro creatore e redentore, consapevoli della sua sovranità e della nostra limitatezza, ci proponiamo dal prossimo intervento di cominciare a delineare una linea politica sulla questione migratoria, facendoci guidare primariamente dalla parola di Dio nel magistero della chiesa, nonché dalle considerazioni che si possono ricavare utilmente dai dati offerti dalla statistica.

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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