«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Economia e grazia il 30 aprile 2017

di Giovanni Traverso

Rifacciamo l’ unità d’ Italia: in Cristo

Riassunto – L’ articolo, con citazioni del santo padre ed esempi tratti dalla sacra scrittura, afferma la centralità di Cristo per riunificare spiritualmente l’ Italia dai rancori e dalle divisioni e l’ esigenza di umiliarci davanti a Dio per ritornare nazione buona, prospera e santa, sull’ esempio delle sorelle e fratelli santi che han fatto la gloria della penisola.

Papa Francesco, rivolgendosi all’ azione cattolica italiana, oggi, III domenica di pasqua, ha detto:

«Sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’ impegno politico, – mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella politica con la maiuscola! – attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale».

Accogliendo l’ invito del santo padre, in quest’ articolo, vorrei tentare di tracciare alcune direttrici per delineare meglio il senso del nostro impegno politico, come cattolici.

Perché la nostra azione sia fruttuosa, vorremo anzitutto radicarci nella parola di Gesù. Non soltanto nella parola, ma nella sua persona. Per diventare dei buoni politici, noi dobbiamo imparare a lasciarci abitare da Gesù. Non dall’ idea che abbiamo di Gesù, ma proprio dalla sua persona. Questa sarà la linea a cui ispireremo ogni sforzo. Certo, i principi ci guideranno, la parola divina rischiarerà, il confronto aiuterà: ma in definitiva, tanto sapremo fare di buono, quanto più sapremo spogliarci di noi stessi, delle nostre ambizioni, delle nostre infondate preoccupazioni. Questo potremo fare, quanto più saremo uniti a colui che ci manterrà liberi.

E’ un percorso di purificazione, proposto alla collettività, e che trova forza a partire dalla testimonianza viva del singolo, di ciascuno di noi intendo.

Il papa, parlando di politica con “p” maiuscola, credo alludesse a qualcosa di simile a quanto vado prospettando. Una politica cioè, fatta da uomini e da donne fondati nel timore di Dio, timore senza il quale non v’ è sapienza e capacità di governo alcuna: non di se stessi, e dunque, tanto meno, del prossimo.

Il papa, inoltre, ci ricorda che la politica grande è passione educativa. Cosa significa questo per noi?

Io sono persuaso, per la testimonianza dei tanti santi fratelli e delle vere e sante sorelle che han segnato la storia della nostra penisola e dell’ Europa intera, dico persone come san Francesco, santa Caterina da Siena, santa Brigida di Svezia, santo Giovanni Bosco, il beato Piergiorgio Frassati, san Giovanni XXIII, e molti altri, che d’ ogni pensiero, parola, azione umana, così come d’ ogni accadimento quotidiano, fatto storico o naturale, per la persona che sappia osservare la realtà con lume di fede, si serva la bontà divina per la nostra pedagogia. Perché nulla si sottrae all’ azione di Dio, come ci insegna il Signore: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati;  non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!” (Mt,10,29-31).

Se dunque, come dice il Signore, la realtà in cui viviamo è tutta guidata dalla provvidenza divina, e il nostro valore, o dignità, è lui che ci guarda, a noi non resta che disporci con umile gioia a farci strumenti nelle sue mani, perché il regno si realizzi come in cielo, così sul povero pianeta terra. Ogni preoccupazione al riguardo, “saremo in grado? saremo all’ altezza? saremo capaci?” ognuna si radica ancora nella nostra superbia: certo che no! Noi siamo capaci di nulla, anzi: quel che sappiamo fare lo mostriamo tutti i giorni: guerre, violenze, tradimenti, soprusi, abbandono dei più deboli nelle mani dei più forti, indifferenza, mancanza di sincerità, ipocrisia, fiacchezza morale, e tante altre miserie che non finiremmo di elencare. Dunque? Dunque, quest’ azione politica, che mettiamo in moto a partire da questo laboratorio, come piattaforma di lancio e coinvolgimento della cittadinanza, e specialmente della cattolicità italiana, la intendiamo in questo senso, nell’ umile avvertenza della nostra incapacità di far bene, di essere buoni, e quindi nella totale adesione e sincera arresa a Cristo Signore, perché faccia in noi e per noi, cioè sia in nostro favore che tramite quelli che gli si arrendano, il bene di tutti, il bene comune ai credenti e ai non credenti.

E’ questa la nostra missione, e ringrazio il Signore per darmi la grazia e le parole di presentarla quest’ oggi, tramite queste povere righe.

E’ bello poter confidare nel nome di colui che può servirsi della nostra umile creta per restituire al mondo l’ immagine deturpata della sua bellezza.

Sì, guardo all’ Italia repubblicana, dopo 5o anni o poco più di vita, e mi domando: quali frutti di bontà abbiamo lasciati nel percorso? Quale eredità per il mondo?

Vedo un’ Italia molto triste e appassita: un’ Italia sofferente, chiusa in se stessa, rivoltosa e arrabbiata. Mi pare una fiera, un tempo mansueta e bonaria, ma oggi rabbiosa e agguerrita a causa dei maltrattamenti subiti per opera del padrone.

E osservo: questo padrone non ha fatto bene all’ Italia. Se l’ avesse fatto, la sua creatura non sarebbe così furiosa, pronta ad abbaiare contro tutti, pronta a mordere, perché impaurita.

Osservo poi chi più di recente ha condotto a guinzaglio l’ Italia verso nuovi precipizi, e vi leggo un falso nome: unione europea. E’ un nome infatti, che richiama integrazione fra popolazioni e storie diverse; ma è falso, perché anziché unire i popoli a sé e tra loro, li divide più che mai. Per questo è un falso nome.

Ecco dunque il cattivo padrone: prima ha blandito la mia Italia; per comprarla ha detto ai suoi governanti: “vedrete, si troverà meglio da noi”. Ha detto questo per portarla a casa sua, ma poi l’ ha maltrattata. Ora l’ Italia langue, piange, abbaia e per poco dispera: ma oramai è tenuta nella casa di un cattivo padrone. Chi la libererà? E come c’ è finita in quella casa?

Noi sappiamo, caro lettore, che il Signore per mezzo del profeta Semaia disse a Roboamo, re di Giuda, il quale si era allontanato dal Signore e aveva fatto allontanare così anche la popolazione (2Cr,12): “Voi mi avete abbandonato, perciò anch’ io vi ho abbandonati nelle mani di Sisach”. Questo Sisach, re d’Egitto, si narra che “venne a Gerusalemme e prese i tesori del tempio e i tesori della reggia, li vuotò. Prese anche gli scudi d’oro fatti da Salomone”. Insomma, questo Sissach privò il regno delle più grandi ricchezze, quelle accumulate da Salomone, padre di Roboamo. Questi, poiché si umiliò davanti al Signore, riconoscendo che ciò che avveniva era giusto, cioè voluto da Dio secondo giustizia a causa del tradimento e dell’ abbandono dei capi e del popolo, col rinsavimento limitò i danni operati da Sissach, come racconta la sacra scrittura: “Perché Roboamo si era umiliato, lo sdegno del Signore si ritirò da lui e non lo distrusse del tutto. Anzi in Giuda ci furono avvenimenti felici”. A causa del pentimento, Dio sul momento impedì la distruzione completa del regno, ma permise il saccheggio del tempio, secondo le parole di Semaia, il profeta:  “Poiché si erano umiliati, il Signore parlò a Semaia: “Si sono umiliati e io non li distruggerò. Anzi concederò loro la liberazione fra poco; la mia ira non si rovescerà su Gerusalemme per mezzo di Sisach. Tuttavia essi saranno a lui sottomessi; così conosceranno la differenza fra la sottomissione a me e quella ai regni delle nazioni“.

Torniamo ai nostri giorni. Dicevamo, l’ Italia è sottomessa a un cattivo padrone, che prima la blandisce per comprarla, seducendola con parole amabili e piene di speranza: “Con me, con la mia moneta, ti troverai bene; anzi, meglio di come stai!”. E poi, dopo pochi giorni, getta la maschera, e si scopre essere un padrone sempre col bastone in mano, incapace di accarezzare, avido nell’ elargire perfino il necessario, e insomma, causa di molte sofferenze e penurie. E tuttavia, se l’ Italia è sottomessa a un tale padrone, che non solo non l’ apprezza ma anzi sembra non darsi alcuna pena di impoverirla sempre più, ciò avviene perché il Signore lo permette: ci siamo allontanati da Dio, e lui ha lasciato che diventassimo servi d’ altri, perché sperimentassimo quanto è triste e avvilente abbandonare il Signore. E’ questa la sua pedagogia: affinché conosciamo la differenza fra servire il Signore, essere buoni cristiani, fedeli alla chiesa, osservanti i comandamenti, oppure indifferenti a lui, e perciò fatti schiavi dai più forti di noi. E il Signore permette che siamo colpiti nei beni visibili e caduchi, ricchezze e patrimoni, per non doverlo essere poi in quelli eterni: così giudica sapiente la sua provvidenza. Dunque, se allontanarci da lui ci ha incattiviti, sarà l’ umiltà a liberarci, perché ci fa tornare a lui.

Allora torniamo umilmente dal Signore, che è più forte di tutti: alla sua ombra troveranno prosperità e pace i figli dei figli dei nostri figli. E le ricchezze che abbiamo perduto a causa dei nostri peccati, ce le riverserà il Signore cento volte tanto perché abbiamo ricercato la sua grazia.

Questa, caro lettore, è la lettura che oggi ti propongo a partire dalla lettura della parola divina. Lettura politica, certo, ma di una politica che tiene insieme i piani; una politica, si spera, come il papa ci chiede: che vede l’ alleanza con Dio, rinnovata da Cristo per tutti, come realtà concreta, tuttora sussistente, vigente e obbligante, specialmente i cristiani battezzati; che osserva nel confronto con la storia sacra le conseguenze che derivano dal tacitamento, più o meno oggi diffuso, dei diritti del Signore, verso il quale tutti siamo debitori come singoli, certo, ma conseguentemente anche come popolazione, quale corpo sociale di singole persone e famiglie; che afferma il debito di gratitudine, il diritto a riconoscere pubblicamente e politicamente che egli è il nostro creatore e redentore, il padre della nostra nazione, il Santo, che ha reso gloriosa nel mondo e nell’ eternità la nostra terra, per l’ opera dei fratelli e delle sorelle che si sono lasciati abitare da lui: Tommaso, Francesco, Caterina, Giovanni, Piergiorgio, Pio e tanti altri. Persone, italiani, santi. Ricominciamo da loro, e cioè dalla grazia di Cristo Gesù, per riunificare l’ Italia e gli italiani: in Cristo e per Cristo. Così sia.

 


 

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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