«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Agenda programmatica il 5 gennaio 2018

di Giovanni Traverso

Per una riforma del ruolo e dei poteri del sistema bancario centrale

Confrontandoci con i principi fondamentali della costituzione della repubblica, proseguiamo l’analisi dello squilibrio economico di sistema, inerente alla creazione/appropriazione di moneta e sua gestione da parte degli istituti bancari centrali. Gli utili di ogni banca centrale non sono proporzionati al frutto del proprio lavoro (art. 1 Cost.), incrementandosi – tramite emissione di danaro – in misura direttamente proporzionale ai frutti della produzione economica nazionale, e costituendo così una forma di arricchimento indebito a scapito della collettività (art. 2041 cod.civ.). Il ruolo e i poteri delle banche centrali devono essere pertanto ridimensionati: esse, quali istituti di diritto pubblico al servizio delle comunità statali, debbono essere pubblicamente stipendiate nelle proprie dirigenze e dipendenze solo sulla base del proprio lavoro/servizio di controllo, pianificazione, studio e regolazione degli andamenti economici. Non potranno più prestare/vendere il danaro stampato sulla base del lavoro nazionale altrui. Fintanto che sarà dato ad esse di mantenere il potere di appropriarsi della moneta creata, saranno queste ad influenzare e sottomettere le politiche nazionali all’ideologia economica che le sostiene, privando i cittadini dei servizi sociali, mercificando la sacralità della vita e la dignità delle persone in termini di “costi”, senza guardare al bene integrale dei popoli, irriducibile al mero benessere economico, comunque tutt’altro che da queste garantito. Quei valori monetari, che la banca centrale avrà il compito di regolamentare quanto alla loro immissione/ritiro, dovranno essere così trasferiti, all’atto di emissione, in proprietà di coloro che quei valori economici hanno contribuito a produrre: le persone, i cittadini. Il valore reale intorno a cui tutto ruota e per cui tutto è stato fatto, infatti, è la persona. Fine del creato è la persona; fine dell’organizzazione statale, il cittadino;  fine di tutti, persone e cittadini, altresì, Dio.

Il danaro, mezzo e bene di scambio universale che, simile all’ aria, è necessario a ciascuno per poter vivere, deve essere istituzionalmente e concretamente messo al servizio di tutti, non al servizio dell’indebito profitto di pochi. Pertanto, le autorità politiche, dovranno togliere alle banche centrali il potere di disporre del danaro stampato/creato, decretandone la proprietà personale e versandolo alla sua immissione in conto corrente ai cittadini, che sono il fine per cui l’ordinamento economico e sociale è costituito. La singola persona è l’autorità che ogni costruzione politica è chiamata a tutelare, rispettare e servire, specialmente nelle frange più deboli della società.

Il secondo comma dell’ art. 3 della nostra Costituzione, sintetizza programmaticamente il fine e il compito per cui la repubblica è stata costituita:

“E` compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.

Per rimuovere gli ostacoli, occorre individuarli. Ci chiediamo: quale ostacolo impedisce ai cittadini della repubblica di vivere serenamente la propria vita nell’effettiva partecipazione di tutti al bene comune? Sembra che sia il debito pubblico contratto dalla pubblica amministrazione.

I debiti contratti dall’amministrazione pubblica verso banche centrali e privati, emettendo titoli di futuro pagamento, indebitano per conseguenza ogni cittadino, a cui i servizi sociali vengono erosi, il credito stretto, proprio a causa dell’ingigantirsi del primo debito, sotto l’ammontare degli interessi di pagamento dovuti.

La pubblica amministrazione, per pagare servizi e stipendi pubblici, chiede soldi sul mercato finanziario alle banche e ai privati: emettendo titoli di stato, cioè promesse di futuro pagamento.

Avviene così che il suo debito pubblico cresca: e per ripagarlo chiede altri soldi in prestito.

La banca centrale non ha invece mai bisogno di chiedere prestiti; ha il potere di aumentare il suo attivo vendendo agli stati o prestando alle banche i soldi creati e venduti agli stati sulla base dell’andamento del reddito prodotto dal lavoro dell’intera nazione, il PIL.

In questo sistema, vi sono dei debitori perpetui, stati e persone; e creditori perpetui, banche centrali e soci di capitale.

Il problema è pertanto di sistema.

La repubblica, a ben guardare, non si comporta diversamente da un padre di famiglia che ha perso il senno: vittima di un sistema usuraio, anzichè rivolgersi al giudice per chieder giustizia, aggrava ulteriormente la propria posizione ricorrendo a ulteriori forme di indebitamento presso lo stesso sistema.

Il sistema a debito, a livello macroeconomico, cioè su larga scala, non è poi dissimile da quello osservabile sul metro della vita quotidiana.

Le persone perlopiù non possono pagarsi un affitto, o comprarsi una casa, senza lavorare. Ma per aprire un’attività o comprare casa, sovente, debbono indebitarsi presso una banca.

Chi finanzia la banca? È curioso: sono proprio gli stessi cittadini, da una parte, versando i propri risparmi su conto corrente; dall’altra, è la banca centrale, che presta la moneta creata agli istituti di credito.

Ma chi finanzia la banca centrale? Da dove trae questa il potere di prestare danaro alle banche e agli stati?

Essa è la proprietaria del danaro che tutta l’economia crea: sui biglietti immessi in circolo e venduti/prestati c’è apposta la firma del governatore centrale.

Nell’eurosistema, ogni euro creato ed immesso in circolazione nell’economia è stato venduto o prestato dalla banca centrale europea: in quanto tale, l’ente che ha ricevuto per statuto il potere di vendere/prestare il danaro circolante è  creditore di tutto il circolante emesso.

Chi desidera fare una famiglia, sovente, non può farlo, perché a conti fatti, non ha un euro in tasca, nonostante il lavoro. La repubblica lavora, certo, ma i cittadini sono più poveri: come mai? Perché gli italiani impoveriscono vieppiù?

Le ragioni sono molteplici, e bisognerà analizzarle una ad una. In questo studio ne risolleviamo una, che ci pare fra le più importanti: una nazione si impoverisce nella misura in cui delega ad altri il potere di gestire il danaro prodotto dalla ricchezza che la collettività produce. Chi detiene quel potere, infatti, incrementa il proprio stato patrimoniale in misura non proporzionale al proprio lavoro, ma a quello della comunità nazionale che dovrebbe servire e invece sfrutta, appropriandosi in forma liquida (mediante emissione di base monetaria) dei frutti del lavoro altrui, commisurati all’incremento della produzione aggregata.

La nostra repubblica è simile a un contadino instupiditosi il quale, pur essendo proprietario del campo dove semina le patate, lascia che la gestione della proprietà del suo campo sia avocata da un terzo, il quale, ovviamente, sfruttando lo stato di minorità in cui il contadino stolto si è messo, vi ricava utili secondo il proprio tornaconto. Avviene così che venuto il tempo di raccogliere, il terzo va’ dal contadino e gli fa’ un discorso simile: “Quest’ anno hai prodotto mille patate. Siccome il campo è sotto la mia gestione, i frutti del tuo lavoro me li intasco io; ma siccome tu hai bisogno di patate per mangiare, facciamo così: io ti vendo una parte delle mie patate, quelle che tu hai coltivato con sforzo e sudore, e tu, in cambio, mi prometti che me le ripagherai con gli interessi a tempo debito”.

Così, lo stupido contadino non soltanto si fa rubare le sue patate; ma le ricompra a chi gliele ha rubate, pagando al ladro perfino gli interessi su ciò che è suo.

Fuor di metafora, proprio questo è ciò che avviene oggi nella creazione della moneta a debito.

La moneta viene creata sulla base del PIL, cioè su ció che misura il reddito del lavoro nazionale. Gli Stati generano ricchezza, infatti, tramite il concorso al lavoro di milioni di cittadini. Ma il frutto di quelle ricchezze, il PIL, cui corrisponde un incremento di messa in circolo di moneta creata da parte delle banche centrali, anzichè essere accreditato sui conti dei cittadini, viene prestato/venduto agli Stati che lo hanno prodotto. Così, il patrimonio degli istituti bancari centrali si riempie di patate coltivate da altri! E quelle stesse, a loro volta, vengono poi rivendute ai produttori, gli Stati, in forma di moneta, a debito. In tale sistema, alle banche centrali è dato non solo di arricchirsi indebitamente del prodotto della ricchezza delle nazioni, ma anche di riscuotere interessi dalla vendita (altrettando indebita, eppure accordata) della medesima.

Le ragioni del debito sono dunque da rintracciare nell’ articolazione di un’ iniquità di sistema. Ma laddove il sistema ha una falla, la costuzione prevede che la repubblica abbia “il compito di rimuovere gli ostacoli etc…”.

Tale questione tocca intimamente la libertà di ciascuno di noi: per il principio della pari dignità sociale (art.3 cost.) e in osservanza del codice civile (art. 2041), a nessuno è lecito arricchirsi indebitamente sulle spalle e a danno altrui: onde, le condizioni che rendono effettivo un tale squilibrio devono essere rimosse.

Cod. Civ. Art. 2041:

“Chi, senza una giusta causa, si e’ arricchito a danno di un’altra persona e’ tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”.

L’ arricchimento senza giusta causa è proprio di chi diventa proprietario di un bene, la moneta, il cui valore si crea, a ben vedere – non stampando – ma lavorando. Colui che stampa e firma i biglietti emessi, il governatore della banca centrale, ha diritto ad essere remunerato con stipendio di Stato, perché svolge una funzione di interesse pubblico; ma a costui deve essere tolto il diritto di appropriarsi del danaro stampato, ossia di disporne cedendo/prestando i biglietti emessi. Controllore della quantità da stampare, sì; proprietario della tipografia che stampa, sì; consigliere per le politiche monetarie, sì; proprietario della moneta emessa, no!

Una società di indebitati è una società di persone inquiete, non libere. Chi ha un debito ed è messo nelle condizioni di pagarlo, pagando il suo debito, tornerà una persona libera di dedicarsi a ciò per cui egli vive. Ma una società che si programma e predispone per creare una massa di debitori a fronte di un unico ente creditore che, come il banco, vince sempre, diviene gradualmente, quale oggi è, una società non tanto fondata sul lavoro, ma forzata al lavoro, ossia una comunità in schiavitù per debiti.

La liberazione del nostro popolo dalla schiavitù del debito pubblico coinciderà pertanto con una presa di coscienza collettiva riguardo alle ragioni di questo debito: chi è il creditore ultimo? Chi ci deruba dei frutti del nostro lavoro? È la banca centrale, che iscrive al passivo ogni nuova creazione di danaro come se l’avesse pagato lei, come fosse un suo debito – mentre lo mette a carico nostro, vendendoci e prestandoci quei biglietti  il cui valore si è generato tramite il lavoro di una nazione intera. Il creditore ultimo dello stato, l’ ente che ci indebita è così proprio quello che era nato con lo Stato per servirlo. Il banchiere centrale, responsabile della creazione e stampa del danaro prodotto dal concorso al lavoro della nazione intera, dirige le politiche pubbliche perché ha ricevuto il potere economico per farlo: bisogna togliergli il potere di vendere e prestare il frutto del nostro lavoro: il danaro creato venga emesso ed immesso direttamente in proprietà dei cittadini, e venga usato per sopperire alle esigenze del bene comune delle persone, fine di ogni costituzione politica.

Se al banchiere centrale viene consentito di gestire il danaro creato – venderselo in cambio di oro, titoli e valute – come se quel danaro fosse suo (e di fatto, siccome lo vende/presta, lo è), ecco che la ragione principale dello squilibrio sociale e dell’ allargamento della forbice troppo ricchi/troppo miseri resta iscritta nelle trame del gioco. Il banchiere centrale infatti arricchirà il sistema di banche centrali, ma non farà mai gli interessi della parte più debole della società, cioè proprio quella per cui lo stato è stato creato: per difendere la comunità intera, e specialmente i più deboli, dal sopruso dei più forti, dall’ intraprendenza dei più scaltri, dall’ avidità dei più ricchi e potenti. Il banchiere servirà i pari rango: i grandi capitali; ma con ciò, se si lascerà a lui la politica monetaria, l’ allargamento della forbice troppo ricchi/troppo miseri si allargherà vieppiù. Ma questo contraria la nostra Costituzione positiva, oltre a quella naturale in cui il dito di Dio, legislatore della natura, ci ha inscritti. È una questione di giustizia e di equa ripartizione delle risorse.

Dobbiamo dunque ridimensionare con riforme di legge adeguate il ruolo e i poteri che sono dati alla Banca centrale. Ma poiché questo non sarà possibile farlo dall’ interno dell’ Eurosistema, creato apposta per favorire questo tipo di modello economico, dovremo passare, dapprima, per il recesso dall’ Unione Europea, promotrice e ideologa di uno squilibrato sistema che impoverisce sistematicamente le fasce più deboli a scapito dei soci di grande capitale.

La ragione di un tale squilibrio si coglie del resto nell’analisi del ‘tipo aziendale’: le banche centrali sono le uniche realtà economiche del sistema della creazione di ricchezza a cui la legge abbia concesso di ricavare utili non proporzionali al proprio lavoro, bensì a quello altrui.

L’ Art. 1 della nostra Costituzione fonda solo sul proprio lavoro le ragioni della propria distinzione sociale: non già sullo sfruttamento di quello altrui. Le banche nazionali, a fronte di una ristretta cerchia di dipendenti, arricchiscono invece le proprie riserve in miliardi di dollari/euro in oro, titoli e valute, solo in quanto ad esse è consentito vendere il frutto della ricchezza altrui: più i cittadini lavorano e producono, più le banche centrali guadagnano immettendo maggiore moneta a debito. Un controsenso.

Ogni banca centrale, nel sistema economico vigente, infatti presta o vende moneta creata in base all’ aumento/diminuzione del PIL degli Stati che serve: arricchisce così le proprie riserve di oro, titoli di stato e valute in contropartita di un valore emesso a costo pressochè nullo (quello di stampa o di creazione elettronica), ma generato dal concorso laborioso di milioni di cittadini. Si tratta di un privilegio economico che viola sistematicamente gli artt. 1 e 3 della nostra Costituzione, a cui è pertanto necessario contrapporsi con le dovute riforme di legge.

La Banca Centrale Europea mette a disposizione sul proprio sito i bilanci dell’esercizio 2016. Vediamoli.

“Utile netto della BCE per il 2016: 1,19 miliardi di euro (1,08 miliardi nel 2015).
Ammontare del bilancio della BCE: 349 miliardi di euro (257 miliardi nel 2015).
Le spese totali per il personale e le altre spese di amministrazione sono aumentate rispettivamente a 467 milioni di euro (441 milioni nel 2015) e a 487 milioni di euro (423 milioni nel 2015) a causa dell’incremento delle spese relative alle funzioni di vigilanza della BCE.
L’utile netto della BCE è distribuito fra le banche centrali nazionali (BCN) dei paesi dell’area dell’euro. Il Consiglio direttivo ha deciso di conferire alle BCN dei paesi dell’area dell’euro un importo di 966 milioni di euro a titolo di acconto sul dividendo, al 31 gennaio 2017. Nella riunione di ieri il Consiglio direttivo ha deliberato di distribuire l’utile residuo, pari a 227 milioni di euro, il 17 febbraio 2017.
Il totale dello stato patrimoniale della BCE è aumentato del 36%, collocandosi a 349 miliardi di euro (257 miliardi nel 2015), soprattutto per effetto dei titoli acquistati nell’ambito dell’APP, ma anche dell’apprezzamento delle riserve ufficiali detenute dalla BCE.
Questi fattori hanno determinato un incremento dello stato patrimoniale consolidato dell’Eurosistema (ndr: il sistema di Banche centrali europee collegate alla BCE), che è aumentato del 32% portandosi a 3.663 miliardi di euro (2.781 miliardi nel 2015).”

Colpiscono diverse cose.

Anzitutto: cosa produce quel grattacielo in cui vi sono gli uffici della BCE quale servizio comune per capitalizzare 349 miliardi di Euro e produrre 1 miliardo di utili nel 2016? Moneta.

Lo sappiamo: la BCE, come tutte le Banche centrali, ha il compito istituzionale di creare moneta, regolarne l’ immissione, preservarne il valore, stabilizzare i prezzi.

Apparentemente tutto normale, giusto? Sbagliato.

Perchè quell’ utile, quel patrimonio è il frutto – come detto – del lavoro dell’ economia europea: migliaia di imprese, milioni di dipendenti, disoccupati e lavoratori.

La creazione di moneta, ripetiamolo, è direttamente proporzionale al reddito nazionale. Aumentando il PIL delle nazioni di cui la Banca centrale è, o dovrebbe essere, al servizio, aumenta la creazione di moneta.

Ma come aumenta il PIL? Se le nazioni lavorano e guadagnano di più.

E chi acquisisce l’aumento reddittuale in caso la nazione aumenti il proprio lavoro? La Banca Centrale, che crea moneta, appropriandosene, sulla base di circa 1/2 del PIL.

Avviene così: supponiamo che le nazioni europee aderenti all’ Eurosistema aumentino complessivamente il PIL europeo del 2%. Si tratta di un aumento significativo che coinvolge gli sforzi di milioni di cittadini europei. Ebbene, cosa succede a quel punto?

La Banca centrale europea, aggiornata sull’ aumento della produzione di ricchezza, ritiene di stampare ulteriore moneta (Euro) arricchendo in primo luogo se stessa, quale proprietaria della moneta che, una volta stampata, presta alle aziende di credito (le banche) e vende agli stati in contropartita di promesse di pagamento sulla moneta trasferita a debito. Quel debito diventa poi il debito di ciascuno di noi tramite il sistema creditizio, tramite gli indebitamenti che l’ amministrazione statale fa’ verso i creatori del valore.

Il frutto della nostra ricchezza ci viene restituito in forma di debito. E’ assurdo, vero? Ma quante assurdità noi uomini abbiamo accettato nel cammino della storia, prima di arrivare a razionalizzare le nostre barbarie! Questa è solo una delle ultime.

Abbiamo così riassunto in modo semplice ma verificabile su qualunque testo di economia in uso presso i corsi universatari (ad es: al cap.5, “Il mercato della moneta ed il suo equilibrio”, in ‘Macroeconomia’, di G.Rampa, ed. ECIG) il meccanismo di creazione della moneta e il motivo per il quale le banche centrali sono sempre le uniche creditrici di un sistema, quello della creazione della moneta a debito in cui, per legalizzata consuetudine, ci troviamo, e che è arrivata l’ora di riformare.

Abbiamo dato un potere alle Banche che non devono avere: quello di impossessarsi del valore monetario creato dal lavoro delle nazioni e rivenderlo alle stesse, indebitandole. Ed ecco, in una società fortemente incline all’ idolatria del danaro, chi dispone della creazione del valore monetario, da cui ogni altro valore dipende, dispone nel contempo di tutti coloro che sulla base di quel valore vengono giudicati degni o indegni di esistere: le persone.

Riflettiamoci: se a causa dell’empietà collettiva, il valore principale in uso fra noi uomini è divenuto sfacciatamente il danaro, ossia il suo valore: è ben giusto che l’ente creatore di quel valore avrà la forza di dirigere le politiche degli stati, i quali a loro volta saranno subdolamente incitati a tagliare tutti quei “costi” che pesano su quel valore primo, che non è la persona, ma la persona commisurata in termini economici.

Da questo punto di vista, i nascituri non graditi, i vecchi inoperosi, gli ammalati inefficienti, i disturbatori a vario titolo del ciclo economico, non avendo altro valore in se che quello per cui essi diventano un “costo per la società”, è naturale (innaturalmente parlando) che vengano scartati, messi in un angolo, o meglio, in quanto costi fissi di sistema – giacché malattia e vecchiaia sempre vi saranno – in un ottica aziendale che ha permeato la cultura politica essi vengono e verranno abbattuti.

Qui la persona umana, immagine terrena del Dio vivente, è assimilata al suo mero “valore economico”: sprechi non sono più ammessi. Chi non produce, non merita di vivere, salvo leggi contrarie al suo sterminio.

Vi è un’intima correlazione fra squilibrio di sistema e abuso delle politiche pubbliche.

Onde si spiega come mai le Costituzioni siano l’ ultimo baluardo – politico – contro l’opera di annientamento della cultura cristiana che ha traghettato l’ Europa verso le vette della civiltà, con la creazione degli ospedali, l’abolizione della schiavitù, della pena di morte, l’istituzione dei monti di pietà (micro-credito), la lotta contro l’usura, la valorizzazione della persona in se stessa in quanto immagine di Dio, la coltura del creato e delle creature quale opere belle e buone di Dio, cui non è dato ai sovrani terreni – noi uomini – di deturpare…

Ci siamo allontanati dal cuore del nostro articolo, anche se era bene comprendere come la cultura economica vigente, fattasi a sistema, sia non soltanto una cultura politica essenzialmente iniqua, ma anche una cultura sostanzialmente contro la persona umana: in quanto indifferente a Dio, indifferente all’ uomo.

Torniamo a Dio, e torneremo a servire l’uomo secondo verità e giustizia.

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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