«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Economia e grazia il 5 novembre 2017

di Giovanni Traverso

Il ruolo economico dei sacerdoti

Riassunto – I sacerdoti sono per la società come i polmoni per il corpo: attingendolo dal cielo irradiano l’ ossigeno a tutti gli organi, onde cui le attività interne ed esterne si mettono in moto con quell’ efficacia propria d’ un economia integrale, che è al servizio appunto di una circolazione razionale dei beni e degli scambi fra le varie parti dell’ organismo. Fra i beni essenziali al buon funzionamento del corpo sociale v’ è sommamente la divina grazia, senza cui i rapporti individuali e dunque anche l’ economia degli scambi rattrapisce, venendo meno l’ affidamento delle persone gli uni verso gli altri. La grazia divina è infatti parte attiva negli scambi in quanto potenza della virtù divina che con la sua presenza suscita e promuove un clima di fiducia e cordialità, disinteresse e donazione che temperano la naturale tendenza all’ avidità e al possesso indiscriminato ed irresponsabile dei beni. Senza i sacerdoti, che amministrano e dispensano il sangue di Cristo, onde cui i cittadini possono conformarsi a Cristo in persona albergando in Lui per unione spirituale, la carità e amicizia nei rapporti, beni incommensurabili in termini monetari, verrebbero meno, con conseguenze penose per il corpo sociale. La felicità sociale infatti non dipende direttamente dal benessere, ma dall’ amicizia e dall’ amore divino del prossimo, cioè dalla carità, che è la legge della vita cui tutti siamo obbligati. Bisogna dunque amare i sacerdoti per amore di Cristo e affollare le chiese per amore del bene comune, mangiando Gesù Cristo, affinché Cristo Gesù viva in tutti e renda tutti felici, cioè capaci di Dio: il benessere umano infatti, prodotto dai beni commensurabili, da solo, non basta a dare la felicità. Al contrario Gesù, da sé solo, poiché è Dio stesso, perfetto, santo e felicissimo sopra ogni altra persona, dona Se stesso, somma felicità, a chi lo accolga in spirito d’ amicizia, donandosi gratuitamente anche a chi non abbia benessere alcuno. Pertanto è ragionevole che la società punti più sulla felicità dei cittadini che sul loro benessere. Infatti, venendo meno il primo, il secondo non basta; mentre venendo meno il secondo, come durante una crisi economica, il primo regge.

Traggo dalla Parola del giorno alcune considerazioni in tema economia e grazia.

Dice lo spirito del Signore ai sacerdoti, per mezzo del santo profeta Malachia:

“Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Anzi le ho già maledette, perché nessuno tra di voi se la prende a cuore. 
Voi invece vi siete allontanati dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete rotto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. 
Perciò anch’io vi ho reso spregevoli e abbietti davanti a tutto il popolo, perché non avete osservato le mie disposizioni e avete usato parzialità riguardo alla legge”.

Stiamo attenti: il Signore mette un segno per comprendere che la sua benedizione sopra i sacerdoti si è trasformata in maledizione: quando essi sono fatti oggetto di disprezzo da parte del popolo. Questo segno del disprezzo ha due motivazioni, secondo la Parola: essa deriva da parzialità nella proclamazione della Legge divina, e ipocrisia quanto alla sua applicazione. Quanto alla parzialità nella predicazione ne vediamo un esempio concreto quando i sacerdoti preferiscono carezzare il popolo predicando la misericordia, trascurando il giudizio. Quanto all’infedeltà nell’ applicazione della Parola, concorda il Vangelo del giorno che dice rispetto ai sacerdoti ipocriti:

“Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.”

Quando il popolo vede che i pastori sono parziali e ipocriti, i sacerdoti diventano motivo di sdegno e disprezzo. Ma ciò è permesso dalla provvidenza, che trasforma così la benedizione in maledizione, perché i sacerdoti traviati si correggano e tornino sulla via della rettitudine, cioè a dare gloria a Dio con le opere.

A tale riguardo, è giusto notare come il corpo sacerdotale sia per la società come i polmoni per l’organismo: come quelli ossigenano il sangue, fornendo le sostanze di cui ha bisogno, traendole dal cielo, perché il corpo si irrobustisca e viva, similmente quelli sono obbligati davanti a Dio ed agli uomini a provvedere alla circolazione di ciò che per il corpo sociale è vita e alimento: cioè il sangue e il pane del cielo, senza i quali esso soffoca e muore fra gli spasimi.

La società umana ha bisogno infatti dei sacerdoti, senza i quali essa resterebbe una “massa dannata”, secondo l’ espressione di sant’ Agostino, senza rimedio efficacie di salvezza.

Ma se anche i sacerdoti traviano, alla società rimane ben poco in cui sperare, perché è dai polmoni che il corpo trae il respiro e la vita per compiere tutti i suoi atti pubblici. Così, una società che disprezza i suoi sacerdoti, in realtà, condanna se stessa, perché si priva proprio di ciò di cui ha maggiore bisogno: della grazia, del perdono divino, senza cui ogni suo atto non le vale che qualche futile ritorno nel tempo della vita terrena, ma nulla per quello dell’ eternità.

Da una parte dunque Dio permette il disprezzo dei sacerdoti, perché questi si ravvedano e tornino a vivere secondo Dio; dall’ altra, tale disprezzo, si configura esso stesso come una punizione del popolo infedele: perché – come insegnava il santo Francesco – i sacerdoti devono essere amati ed onorati sinceramente e profondamente non già per se stessi, salva la carità che si deve ad ognuno in quanto comandata, ma per Colui che per tramite loro si dona a tutti noi: cioè per Dio Altissimo, che si dona nel pane e nel sangue attraverso la Santa Messa, a coloro che degnamente lo ricevono dopo aver confessato i peccati e ricevuto il Sacramento del suo perdono divino e totale. Dunque,  il disprezzo per i sacerdoti è segno di condanna per l’ inosservanza del popolo dei diivini comandamenti della vita eterna. Un popolo che disprezza i sacerdoti infatti maledice Dio e getta sopra se stesso innumerevoli mali, di cui quelli visibili e commensurabili (o economici) sono soltanto la propaggine esteriore.

L’ economia – la vera economia che integra nella propria analisi e visione anche le realtà interiori – considera gli scambi non soltanto con riguardo ai valori commensurabili su metro monetario: ciò sono le merci, i beni, servizi; ma anche, e specialmente su quelli non commensurabili: la fiducia, l’amicizia, la carità del prossimo in Dio.

I primi beni infatti generano il benessere dei corpi, ma sono solo i secondi che generano la felicità delle persone. E poiché gli uomini sono tali in quanto persone più che in quanto corpi, sono questi secondi beni ad essere considerati maggiormente nelle nostre relazioni umane: in quanto dalla qualità d’essi, ossia dalla bontà delle nostre relazioni, dipende la felicità.

Chi potrebbe mai dirsi felice infatti, se pure in possesso di molti beni, senza un amico, una persona da amare e da cui essere amato, un Dio da ringraziare per l’ esistenza e con cui condividere e compartecipare la propria fortuna temporale?

L’ economia studia analiticamente i rapporti e flussi di scambio dei beni misurabili; è certamente uno studio prolifico e scientifico; ma è anche sufficiente per guidare le scelte politiche che incidono per la vita di tutti? Sembra di no: infatti, se un tale studio fosse foriero della felicità, oltre che del benessere degli uomini, la sua applicazione rigorosa avrebbe portato a una società globale non solo più ricca in termini di possibilità di accesso ai beni prodotti, ma anche più felice.

Al contrario, difficilmente potremmo pensare ad un mondo più infelice del nostro, dal punto di vista del bene psichico-morale-spirituale: specialmente nei paesi dove il benessere è invero maggiore. Gli atteggiamenti depressivi sono anzi un chiaro sintomo di quanto ciascuno può osservare.

Ora, se vogliamo porci in modo serio ed analitico verso la sollevazione delle miserie presenti, occorre dire innanzitutto che mai l’uomo è stato così bistrattato nella sua trascendente dignità come dalle considerazioni dell’ economia di scuola che prevalgono negli orientamenti governativi del nostro tempo.

In esse, ogni discorso circa ciò che solo può renderci felici – ossia vivere in grazia e pace facendo la volontà di Dio Padre dell’ umanità – è stato sistematicamente negletto e messo ai margini, come argomento privato di scarso interesse pubblico e sociale. Eppure è strano: chi potrebbe infatti aprire la bocca, se Dio creatore non gli desse il fiato per farlo? Una generazione superba pretende di costruire edifici non a misura d’ uomo, gettando tutto il peso della costruzione sulle spalle dei piccoli: dico i grandi manovratori dell’ economia, i quali, con il beneplacito dei Governi, continuano a perpetrare una cultura di governo del tutto offuscata e obnubilata circa i supremi interessi di coloro cui sono stati posti a guida: il bene spirituale, morale – cui solo segue quello economico – dei popoli loro affidati. Parla di benessere chi, con scelte miopi, produce il malessere di molti.

Tali considerazioni invero, rischiano di assumere un carattere troppo generalista. Siamo tutti buoni del resto a scagliarci contro il sistema; bisognerà poi vedere quello che saremmo in grado di fare noi, qualora fossimo al comando della barca comune.

Abbiamo tuttavia una guida in Cristo e nella Chiesa. Certo, quella stessa chiesa che sovente scandalizza, capace com’è nei suoi sacerdoti di parlare bene e agire con partigianeria, ideologia, scandalizzandoci. E pur tuttavia, in questo mondo orfano di guide, ella rimane l’ unica possibilità offertaci di rimetterci sulla buona strada, quella della ragione illuminata dalla fede, dell’ orientamento al bene comune, dell’ attenzione ai poveri di educazione, di mezzi e di beni spirituali.

Senza la chiesa, senza i suoi sacerdoti, noi non possiamo fare nulla: perché sono i polmoni del corpo di Cristo, e nessuno può amare l’ anima di Cristo, lo spirito di Dio, se disprezza il suo corpo. Nessuno respira lo Spirito Santo, dono di Dio, se non attraverso i suoi polmoni, cioè i sacerdoti. Se la chiesa soffre di polmonite, non bisogna buttare via il corpo di Cristo, ma adoperarsi fraternamente per curarla, santificandoci e pregando per i sacerdoti. Un ciclo virtuoso può cominciare solo da essi, e attraverso di essi comunicarsi al popolo, e dal popolo alla società intera.

La Costituzione italiana, la nostra storia peculiare, d’ altra parte ci mette a disposizione mezzi e strumenti veramente preziosi per coordinarci verso un’ azione comune che metta al centro anzitutto i beni primari delle persone: fra cui è la salute spirituale e morale del nostro popolo, che la Chiesa ha a cuore, ma che deve difendere con vera santità, senza compromettersi con altro potere e ideologia se non quelli che le vengono da Dio per mezzo del Vangelo e del Papa. E’ sufficiente che essi predichino al popolo secondo verità, santificando la propria vita e confessando il più possibile il popolo di modo che rinsavisca dallo spirito ottenebrato; quanto alla loro azione politica invece, sarà resa sterile da Dio e dagli uomini fin tanto che essi sacrificheranno il proprio ruolo per inseguire i fasti di una breve notorietà.

Abbiamo molti nemici davanti: un’intera generazione è stata pervasa da uno spirito d’odio e inimicizia verso tutto ciò che è buono e viene da Dio. Si tratta di riconquistare i ragazzi, i nostri stessi figli, con una sincera condotta di vita arresa a Cristo, nella consapevolezza che Lui è il centro da cui la vita sociale italiana e globale può tornare a rifiorire.

Cristo Gesù infatti è il proprietario di tutto ciò che esiste di bello e buono, visibile ed invisibile. Tutto è suo, e tutti siamo suoi, volenti o nolenti. Se ci accordiamo al suo spirito, per mezzo dell’ obbedienza ai comandamenti che ci ha dato, per mezzo dei Sacramenti che la chiesa ci propone a nostra salvezza, allora potremo veramente risorgere e rifiorire come civiltà, faro di buona cultura per tutte le altre.

Questo sforzo è personale, il bene comune dipende dal grado di  adesione di ciascuno a Cristo. Ma se cominciamo in pochi, con vera umiltà, molti, vedendo i nostri buoni frutti – che in verità sono quelli del Padre – diranno: “Che bello, facciamo anche noi come loro!”. E la prosperità calda e cristiana onde cui questa piccola terra d’ Italia ha tratto ogni ricchezza e gloria presente ed eterna, tornerà a scaldare i rapporti economici e culturali fra le nazioni, facendo di noi un popolo felice.

 

 

 

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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