«Senza di me, non potete fare nulla»

Gv 15,5

Laboratorio politico cattolico

Pubblicato in Il culto ragionevole il 12 giugno 2017

di Giovanni Traverso

Le persone di Dio

Riassunto – La meditazione sul mistero della trinità delle persone divine getta luce nuova sulla natura umana, costituita a immagine di Dio. Riflettiamo sulle conseguenze sociali e politiche che scaturiscono dalla considerazione circa la reale identità di colui che ha creato tutte le cose, sull’ idolatria e il proliferare dei falsi culti che prendono campo allor quando la cristianità non assuma con serietà e forza il suo compito nel mondo.

Lode e gloria alla Santissima Trinità beata, che sempre regna ed abita, prima che tutte le cose venissero alla luce dell’ esistenza.

Il primo dei profondi misteri di Dio ci insegna alcune cose: come infatti ella è una sola natura divina nella comunione di tre persone che da tutta l’ eternità si donano e comunicano la divinità, così noi, fatti a sua immagine e somiglianza, siamo tutti una medesima natura, quella umana, chiamati a vivere nella comunione d’ amore e dono, mettendo in comune le risorse, perché solo allora saremo veramente i figli del Padre.

Dio non è un individuo – il dogma della SS. Trinità ce lo rivela – ma è comunione di persone che partecipano una medesima natura: quella divina.

Così noi, che abbiamo in comune la natura umana in vista di partecipare alla divina, fatti a sua immagine e somiglianza dobbiamo disporre i beni della terra in spirito di comunione perché tutti possano averne accesso per ciò che soddisfi i bisogni primari in ordine alla sussistenza della famiglia umana.

Pali sacri e culti stranieri

Nel II Libro della Cronache, lo Spirito Santo detta all’ autore sacro ciò che contraddistingue l’ agire proprio secondo Dio di un uomo di governo, il cui intervento ad un tempo energico e riformatore viene espresso in questi termini:

« Rimosse gli altari degli stranieri, eliminò i pali sacri »

La locuzione si ripresenta nel libro sacro per tutti quei sovrani sul regno di Giuda che fecero ciò che è gradito al Signore e lo ricercarono con tutto il cuore.

Vi sono “pali sacri” nel nostro tempo e “altari degli stranieri”?

Dobbiamo riconoscere che, come su tutte le colline della giudea venivano offerti culti a dèi stranieri e promosse nuove indiscutibili credenze presso il popolo – così sui colli della “mondanità” del XXI secolo, secondo un’ espressione ricorrente del pontefice – il culto vero, naturale e ragionevole, che il Signore Gesù ci ha insegnato, è stato oggi sostituito da nuove forme di sacralizzazione di ciò che non è sacro, nonché di elevazione a valore di ciò che in sé non ha valore: il culto del profitto fine a se stesso, l’ idolatria della carne tramite una cultura sessuale esibizionista e velatamente pornografica, il culto secondo apparenza della propria immagine pubblica che sostituisce la coltivazione interiore delle virtù morali e teologali, l’ integralismo ambientale ed animalista che, sulla scorta delle teorie evolutive, riduce il genere umano a specie animale evoluta e non distinta dalle altre specie. E poi il dilagare di culti stranieri con la diffusione della mentalità cultuale islamica a seguito dell’ inasprimento dei conflitti globali, delle guerre per il potere, dei flussi migratori; le nuove spiritualità mediate dai culti orientali e riadattati ad uso e consumo degli occidentali etc.

Quello che importa al nostro cammino politico riformatore è muoverci nel solco di quei santi re, che all’ ascolto dello Spirito Santo mediante l’ intuizione felice della fede compresero ciò che ancora oggi difficilmente viene compreso ed accettato: lo sviluppo umano senza la ricerca di Dio, non è autentico sviluppo; il bene comune disgiunto dalla ricerca del bene in sé, cioè dal giusto culto e onore che, in quanto creature, dobbiamo al vero Dio vivente, non è più un bene.

Un popolo che abbandona il suo creatore verrà a sua volta abbandonato ai suoi saccheggiatori, nel proliferare dei pali sacri e delle idolatrie che determineranno la sua distruzione, per come la storia sacra, ch’ è divina rivelazione, ci mostra e insegna tramite la bocca dei santi profeti che rimproverano il popolo colpevole di apostasia:

« Poiché voi avete abbandonato il Signore, il Signore abbandona voi »

Il vero Dio

Noi cristiani, in questo spaesamento dilagante in cui il bisogno di Dio si mescola ai fomiti della superbia, tale per cui ciascuno si fabbrica un vitello privato a sua immagine e somiglianza, e quello persegue trascurando i fondamenti della vita eterna, ossia le dieci parole della vita, siamo chiamati a difendere e tenere alto l’ onore ricevuto di difensori della fede, araldi del vangelo, figli veramente adottivi del Padre celeste tramite l’ opera della grazia di Cristo e l’ infusione dello Spirito Santo. Sale del mondo, se ci comportiamo come tutti gli altri, uniformando i pensieri e le abitudini alle cose di questo mondo, divenuti perciò insipidi non serviremo più a niente:

« Non conformatevi allo spirito di questo mondo »

Il nostro tempo richiede un’ ardita testimonianza circa la reale natura e identità di Dio, nostro Padre creatore, di Gesù Cristo, nostro fratello e Signore, dello Spirito Santo che ci anima e lega gli uni gli altri come corpo visibile dell’ invisibile capo nostro: il Signore.

L’ identità di Dio e il mistero delle sue persone divine sarebbe per noi inaccessibile se non ci fosse stato rivelato per gradi tramite la Scrittura, e confermato tramite il dogma che la chiesa ci insegna. Dio, che si rivelò a Mosè con il nome di Io sono, cioè l’ essere personale ed eterno in sé, incarnandosi in Gesù Cristo ha spinto ancora più in là la nostra conoscenza di lui, manifestandoci la trinità delle sue persone.

Il dogma della santissima trinità di Dio, piuttosto che ostacolo alla reale conoscenza circa la vera identità del nostro comune creatore, è storicamente un punto di arrivo e di svolta per il cammino che la specie umana compie verso la piena conoscenza della verità. La natura umana, perduta la capacità di relazionarsi con il suo creatore a seguito del peccato e all’ oscuramento delle proprie potenze interiori, grazie a Cristo è stata illuminata al riguardo, istruita al vero culto naturale da offrire a Dio, in spirito e verità.

Cristo Gesù, che è persona di Dio incarnatasi, ci ha rivelato infatti di essere il figlio eternamente generato dal Padre, e che l’ amore del Padre e del Figlio è Dio stesso quale terza persona, lo Spirito Santo. Così, appoggiandoci al dogma come a solido trampolino di lancio per sospingere il nostro intelletto negli abissi della divina presenza, noi possiamo dire oggi con la certezza che ci proviene dalla scienza sacra che tre persone sono Dio, Padre Figlio Spirito Santo, benché unica sia la natura divina.

Il mistero trinitario e le sue conseguenze per noi

Tale divino mistero ci obbliga peraltro a contemplare in nuovo modo la nostra natura, che a immagine di Dio, è sociale e relazionale per essenza.

Un prezioso documento del magistero intitolato Comunione e servizio – La persona umana creata a immagine di Dio, frutto della commissione teologica internazionale, ci orienta al riguardo:

[25] Dio uno e trino ha rivelato il suo progetto di condivisione della comunione della vita trinitaria con persone create a sua immagine. Anzi, è per questa comunione trinitaria che le persone umane sono create a immagine di Dio. È proprio su questa somiglianza radicale al Dio uno e trino che si fonda la possibilità di una comunione di esseri creati con le persone increate della Santissima Trinità. [44]. Creati a immagine di Dio per condividere la comunione della vita trinitaria, gli esseri umani sono persone costituite in modo tale da poter liberamente abbracciare questa comunione. »

Siamo simili a Dio, poiché siamo persone: anzi, siamo persone proprio per poter entrare a far parte della comunione divina. Ecco il valore: la persona, indipendentemente dal suo censo. La persona è degna di Dio perché Dio l’ ha fatta persona, come se stesso: per poterci comunicare tutto se stesso.

Questo quanto alla natura personale. Quanto all’ unità di natura (quella umana), sappiamo che l’ unità del genere umano, come la Scrittura rivela, ci lega indissolubilmente gli uni gli altri: per il peccato di uno, tutti patimmo corruzione; per la santità e perfezione di un altro, tutti ricevemmo la possibilità di salvarci. Il Vangelo che abbiamo accolto oggi ci rivela di che tipo di salvezza si tratta, salvezza mediante la fede in Cristo Gesù:

« Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio ».

Ora, l’ unità di natura che ci accomuna gli uni gli altri in quanti uomini fa’ sì che i nostri atti umani, e specialmente quelli più interiori laddove l’ intelligenza della fede attecchisce o viene rifiutata, siano promotori di salvezza o occasione di smarrimento per il prossimo. Non vi è atto umano, parola, pensiero, movimento che non sia economicamente di rilievo al bene o al male prodotto a favore o contro il prossimo nostro.

Un pensiero non è solo un pensiero, siamo noi stessi: perché ciò che ci rende uomini è appunto il poter pensare. Se il pensiero è rivolto a Dio con amore, noi veniamo santificati dall’ amore di Dio, che ci attira a sè e divinizza.

Ma se il pensiero è cattivo e noi lo desideriamo e non lo respingiamo, quel pensiero ferisce la nostra stessa natura, quella che abbiamo in comune con tutti gli altri, deprimendola, svilendola, ferendola.

Ecco dunque il mistero trinitario cosa significa per noi: siamo profondamente uniti gli uni gli altri dalla natura che ci accomuna; il male che faccio a te, non lo faccio solo a te, ma anche a me, perché partecipo della tua stessa natura. E il bene allo stesso modo: non lo faccio a te senza farlo a me, e viceversa.

Si potrebbe chiamare ripercussione universale degli atti morali.

Come Dio infatti è una sola natura, quella divina, ma più persone eternamente in relazione e comunione di quel bene proprio che è l’ essere stesso di Dio, analogamente anche noi, uomini e donne, siamo una medesima natura, quella umana, ma più persone in relazione e comunione di quel bene proprio che è l’ essere umani.

Ora il bene che ci deriva a tutti per l’ essere uomini è la possibilità offertaci di diventare “dèi”, secondo le parole del Signore Gesù Cristo: vale a dire, entrare a partecipare della beata vita di Dio Padre Figlio Spirito Santo.

Questo non è un bene privato, che posso perseguire escludendo gli altri: al contrario, è un bene che tanto più avvicino, quanto più lo compartecipo ed estendo agli altri.

In un certo senso si tratta di un bene opposto al danaro che più cresce per alcuni, più deve diminuire per altri. Al contrario, quel bene proprio che è Dio stesso, più cresce nella nostra vita per unione di carità, cioè per desiderio e amore, più accresce per tutti gli altri attirandoli.

L’ unità del genere umano ci porta dunque a una ulteriore considerazione: poiché il fine per cui siamo stati creati è partecipare alla vita eterna e beata che Dio è in se stesso, e poiché tale sommo bene, in quanto destinato ad essere goduto da tutti e non da alcuni a scapito di altri, non si persegue privatamente solo per se stessi, pena smarrirlo, a maggior ragione, tutti quei beni minori ma essenziali alla vita terrena che Dio ha disposto per tutti, non sono da perseguire per sé stessi e con finalità privatistiche, bensì – senza venire meno il diritto alla proprietà – vanno cercati e voluti di modo che tutti ne partecipino, per la comunione di natura che tutti gli esseri umani accomuna e per la destinazione universale dei beni creati che tutti – animali e uomini – riguarda.

Dio che è pluralità di persone increate in comunione di quel bene proprio che è l’ esser stesso divino, domanda alla pluralità di persone umane che ha creato a propria immagine di essere capaci di accogliere la sua grazia per mettere in comunione beni materiali e spirituali che egli ha disposto per tutti, in ordine all’ accesso alla vita eterna.

L’ esempio che abbiamo davanti e verso il quale camminiamo come comunità globale di uomini veramente degni di Dio e simili alle sue persone divine, è quello negli Atti degli Apostoli delle chiese (laici, predicatori e sacerdoti) mosse dallo Spirito Santo a vendere tutte le ricchezze per dotarsi di patrimoni comuni con cui sostentare le comunità dei fedeli e vivere in pace di lavoro e preghiera in spirito e verità, in attesa della glorificazione.

Per camminare verso questa prospettiva dobbiamo così preoccuparci di togliere da mezzo tutti quei pali sacri e culti stranieri che confondono le persone, procurando più male che bene.

Pali sacri: il danaro come fine 

Abbiamo quindi un primo palo sacro da ridimensionare: il profitto come fine della vita terrena. Dobbiamo ridimensionarlo nella giusta proporzione ed importanza, sì da svestirlo di ogni sacralità, senza disprezzarlo peraltro quale utile mezzo di scambio ed acquisto. Il fine del danaro, che il profitto realizza, è infatti l’ acquisto dei beni necessari al sostentamento e di quelli ricreativi non primari. Secondo San Tommaso, inoltre, grazie al profitto l’ uomo può esercitare anche l’ elemosina, adempiendo così ai suoi doveri di giustizia davanti a Dio. Perciò il profitto è buono in quanto è ordinato a ciò per cui viene realizzato secondo la logica creatrice: sostenere la vita umana, operare la misericordia. Se invece il danaro è accumulato per se stesso, diventa idolatria, in quanto viene ricercato per se stesso ciò che in se stesso non ha valore alcuno: invece colui che ha il massimo valore in se stesso e per se stesso, cioè Dio, viene trascurato in nome del primo.

Il danaro  infatti non attrae per il valore in sé, che è pressoché nullo, trattandosi di mera carta, o cifre elettroniche, ma per il potere d’ acquisto che la convenzione del pensiero umano e sociale gli conferisce. Notiamo già a partire da questo un fatto di rilievo: è il pensiero umano a nobilitare al punto quella carta o cifra elettronica al punto da farle assumere quel certo valore che come potere d’ acquisto assume, non perché l’ abbia realmente in sé, ma in quanto convenzionalmente lo acquista per storiche ragioni di pragmaticità (il baratto complicava gli scambi).

Se su un’ isola di indigeni che hanno solo noci di cocco, banane e pesci da mangiare e nessuna concezione del danaro, naufragasse il più ricco banchiere del mondo con tutti i suoi soldi, tutti i suoi soldi sarebbero di valore nullo per quegli indigeni, ed egli si troverebbe sommamente ricco nella sua estrema miseria, non potendo neppure scambiare tutto il danaro del mondo per una noce di cocco e una porzione di pesce arrosto.

Questo ci fa comprendere due cose: in primo luogo che anche in una cosa così terra terra come il danaro, ciò che crea valore non è il danaro in sé ma l’ intelletto umano, cioè in definitiva la persona capace con il suo pensiero – per convenzione con tutte le altre – di far acquisire a quella carta un valore che gli servirà strumentalmente ad esercitare un potere d’ acquisto negli scambi e commerci; in secondo luogo che ciò che distingue l’ uomo dal banchiere è che il secondo crede veramente che il danaro abbia valore in sé stesso, mentre il primo è capace di dare gratuitamente ciò che proviene dal suo cuore e non dalle sue tasche: una porzione di pesce e una noce di cocco da bere. A parte lo scherzo ciò vuole dire che, come ampiamente ci ricorda il Magistero della chiesa (Caritas in veritate) è la gratuità il vero motore della buona economia, in quanto Dio ci ha gratuitamente creati, e così vuole che anche noi, a sua immagine e somiglianza, ci prendiamo gratuitamente cura gli uni degli altri – perché la sola legge che abbiamo è una legge di libertà – ; il Signore vuole che il danaro rimanga sempre e solo un mezzo al servizio di tutti, non un fine. Inoltre, il danaro è ancora oggi una proprietà esclusiva di pochi, che emettendolo a debito se ne appropriano. Questo sistema va’ cambiato, e la proprietà del danaro accreditata dall’ autorità a cui la proprietà spetta alle popolazioni su cui governa.

Ma anche prescindendo da queste considerazioni sul valore reale (che è la persona, non il danaro), l’ accumulo del danaro, inteso come risparmio della fatica di una vita, è considerato dalla Scrittura una cosa irragionevole (Sir, 14,4):

« Chi accumula a forza di privazioni, accumula per altri; con i suoi beni faranno festa gli estranei »

Agire senza ragione è contrario alla natura ragionevole che abbiamo ricevuto. Una società che proponga quale fine ultimo l’ accumulo del danaro, è una società estranea alla logica di colui che ha creato la natura umana ragionevole a propria immagine. Il profitto perseguito per se stesso, sostituendo il mezzo (il danaro) al fine (Dio), degrada l’ uomo, facendolo degenerare in individuo asociale  – non già persona sociale per la natura umana in comune – dimentico di sé, di Dio e dunque del prossimo. Chi tende al profitto con tutto se stesso, perde interamente il proprio tempo: tutto ciò che accumula infatti gli verrà tolto, e tanto più ha faticato per acquistarlo, tanto più soffrirà e si darà pena nel momento in cui dovrà abbandonarlo. La Scrittura al riguardo ritorna insistentemente, deprecando l’ avidità dell’ uomo o della donna dediti esclusivamente al profitto, come termine ultimo e ragione della propria esistenza.

E’ necessario pertanto, come comunità politica, che il denaro sia rimesso al centro di tutte le nostre argomentazioni quale mezzo, e mai proposto come fine: la produttività materiale, riflesso di una accumulazione sul territorio di capitali non è valido criterio capace di descrivere o assicurare la felicità o meno del corpo sociale.

E la dimostrazione più lampante di questo è che sono proprio le società più ricche di reddito pro-capite a testimoniare un maggiore grado di infelicità: ma questo è normale, perché l’ uomo non è fatto per il danaro, ma il danaro per l’ uomo. E quella cultura che mette il danaro al centro, come quella dello spirito protestante descritta da Max Weber, non può che generare una società di individui irrequieta, violenta ed infelice.

Inoltre, tutte quelle politiche che tendono ad asservire l’ uomo al profitto mediante il lavoro sottopagato, e il lavoro sottopagato dei molti al profitto di pochi, a fini di “competitività”, dovranno essere smascherate nella loro intrinseca perversità e screditate di conseguenza dal corpo elettorale, che certamente, comprendendo il suo vero bene, vorrà eleggersi uomini di governo chiamati ad amministrare il pubblico bene secondo finalità di vantaggio e utile che o riguarderanno tutti, o non dovranno neanche più essere prese in considerazione.

Natura ragionevole e sociale e conseguenze

Ora, da queste considerazioni, si comincia a comprendere come il bene proprio dell’ essere uomini sia la nostra natura ragionevole, la quale ci permette di entrare in relazione con colui che è la ragione stessa dell’ esistente, l’ intelletto vivificatore che ha creato e ordinato l’ universo intero come un poema scaturito dalla sua parola: Logos, significa infatti che il nostro creatore è eminentemente la ragione, l’ intelletto, la parola in cui e per cui tutto il creato esiste, si mantiene e giunge a compimento.

Ora, ciò che ci permette di conoscere Dio è da una parte questo intelletto che abbiamo ricevuto in quanto uomini, e che ci distingue dalle bestie, che sono prive di questa possibilità, e dall’ altro la fede rivelata che ci conduce alla relazione con il vero Dio.

Sacerdoti di natura

L’ umanità è anello dunque fra il cosmo terrestre (galassie, stelle, pianeti, regni animali, vegatali etc.) e quello celeste (angeli, arcangeli, troni, dominazioni), entrambi creati da Dio: ognuno di noi è l’ anello posto al centro di questo meraviglioso poema universale uscito dalla bocca di Dio in cui ciascuno di noi è sacerdote di natura, in quanto ha la possibilità di offrire il culto di lode al Dio creatore per conto di tutti gli animali creati, con cui condivide buona parte della struttura organica e genetica. Ma, simile agli angeli per lo spirito razionale che gli è stato infuso, egli assolve anche la funzione sacerdotale naturale di rendimento di grazie per tutta la meravigliosa varietà che Dio ha creato muta, cioè incapace di tendere a Lui come al suo fine ultimo con il suo spirito: perciò l’ uomo vero, nobilitato dalle virtù di religione che sanciscono il suo statuto naturale di fronte al cosmo terrestre e di fronte a quello celeste, esprime pienamente la sua vocazione naturale quando assecondi con tutto il cuore l’ opera dello Spirito creatore, che nei Salmi gli ha posto sulle labbra il canto con cui dargli gloria e lode a nome di tutta la creazione:

« Lodate il Signore, lodatelo voi tutte creature! »

Cristo, il fiore della creazione

Ed ecco, come uomini e donne noi volgiamo la nostra meravigliata lode in maniera somma a Gesù Cristo, in quanto egli ha assunto la nostra natura umana pur rimanendo al contempo il Signore e Dio di tutte le creature celesti e terrestri. Pertanto, fissando Gesù Cristo, noi perveniamo al termine ultimo per il quale siamo stati creati, cioè a Dio stesso, e non a un Dio irraggiungibile, anzi a un Dio che ci attira dentro la sua umanità divinizzata, infondendoci per amore tutte le virtù necessarie a raggiungerlo per godere della comunione dei santi nella beata trinità.

Comunicandoci e relazionandoci a Lui dunque, in Lui possiamo anche costituire una società nuova perché immagine di quella eterna – la società delle tre persone divine è infatti eterna – progredendo verso la beata partecipazione alla natura celeste cui siamo chiamati a compartecipare fin d’ ora relazionandoci visibilmente nella legge di libertà espressa nel nuovo comandamento di amarci gli uni gli altri come Cristo Gesù ci ha amato.

Abbiamo detto del bene sommo che abbiamo in comune come uomini, cioè Cristo Gesù, nostro fratello e Signore Dio, che l’ autorità civile, per ciò che le compete, deve darsi pena di promuovere e mai ostacolare, perché anche su quello sarà giudicata; ma dobbiamo altresì parlare di quei beni necessari che ci garantiscono vita e sussistenza, almeno sulla terra: acqua, cibo, tetto e cure.

A tale riguardo il mistero della santissima trinità getta una luce sul nostro dovere sociale: siccome fatti a immagine di Dio tutti noi siamo una medesima natura – quella umana – in più persone, tutti quei beni che il creatore ha disposto perché fossero a disponibilità della nostra sussistenza verso il fine ultimo, dobbiamo politicamente programmarci di dividerli e distribuirli equamente affinché sia garantito ad ogni persona umana, verso la quale siamo obbligati per la comune natura che ci unisce, l’ accesso al minimo di risorse per poter vivere e aderire alla vocazione celeste, la trasmissione della vita ai figli, l’ educazione al culto ragionevole e lo sviluppo verso il cielo. Non tramite misure assistenzialistiche o di programmazione della produzione, ma nel modo più semplice e pratico: dacché il danaro è un bene comune universale, con il quale la persona realizza il potere di acquisto sulle necessità primarie, esso deve essere dichiarato proprietà di tutti, non di qualcuno che lo presta, e come tale distribuito per soddisfare i fabbisogni umani essenziali: acqua, cibo, tetto, cure.

Abbiamo già parlato di questo precedentemente: “Il lavoro che il Padre celeste ci chiede”. E’ utile ricordarci che questa non è un’ opzione ideologica, ma un obbligo morale della giustizia che lo Spirito Santo ci chiede tramite i suoi profeti:

« Chi ha due mantelli, ne dia uno a chi non ne ha »

Divinità straniere

Il riconoscimento del diritto alla libertà religiosa, che la riflessione della chiesa è opportunamente giunta a riconoscere, apprezzare e promuovere in prima persona, non comporta tuttavia una concessione al relativismo religioso, quasi che “un dio valga l’ altro”, né un’ ammissione in favore di culti estranei a quello insegnato dal Signore Gesù alla samaritana.

Come avremo modo di mostrare in una serie di studi sulle sura del Corano, la divinità che si rivela per bocca del profeta Maometto, è spirito fortemente contraddittorio sia in se stesso che rispetto agli insegnamenti e alla parola di Dio che abbiamo ricevuto per bocca dei santi profeti di Israele, nonché di quelle dello stesso Signore Gesù, trasmesse dai vangeli.

Come comunità politica, una volta presa coscienza di quante e quali siano le differenze fra il culto ragionevole, che si basa sulla legge di libertà – il nuovo comandamento della carità di Cristo – e il culto di sudditanza (musulmano), che si basa sulla conformazione alle leggi di Mohammed, dovremo impostare la nostra posizione verso un tale culto e una tale cultura in maniera conseguente ai presupposti che la esprimono, e nella considerazione dei frutti che la caratterizzano.

Vero culto

Il vero culto ci è stato insegnato da un solo maestro: Gesù Cristo.

La questione, lungi dall’ essere una questione meramente religiosa, è infatti il cuore stesso di una civiltà che può determinarsi secondo una duplice via: della giustizia o dell’ ingiustizia, dell’ adesione alla realtà o alla sua negazione.

Laddove la realtà viene negata, presto viene negata anche la verità e la giustizia che ad essa tengon dietro. E la realtà, come oggi ci ricorda il Vangelo della festa della SS. Trinità, è che:

« Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo unigenito figlio per la sua salvezza »

Cosa significa questo per noi? Significa che, banalmente, senza il figlio di Dio non possiamo fare nulla per questa società.

Significa che se vogliamo amare il mondo, possiamo farlo come il Padre lo ha amato: donandoci l’ eterno Figlio.

Se siamo papà e mamme, noi non facciamo figli per noi stessi, ma per il Padre: gli doniamo i nostri figli, educandoli alla fede.

Se non siamo papà e mamme, noi doniamo al Padre i nostri frutti spirituali, le opere buone, le elemosine.

Un’ azione di riforma, pertanto, deve estirpare alla radice ciò che è la causa stessa di ogni squilibrio sociale: la visione distorta dell’ uomo, della realtà, della natura, di Dio. Venendo meno la verità circa l’ ultimo, tutte le altre realtà, naturali, umane e di civiltà, saranno fortemente compromesse e asservite alle nuove forme di interpretazione della vita umana, di solito e perlopiù, nocive più che salutari per tutti.

Abbiamo già visto come non riconoscendo la dignità trascendente che ci costituisce per natura, il fine della creazione, che è l’ uomo stesso – ognuno di noi – viene smentito e praticamente asservito a nuovi fini estranei a lui: diventando ingranaggio di un ciclo economico, il cui fine è la competitività dei primi, a prezzo della sofferenza e dall’ asservimento dei molti.

Abbiamo poi mostrato quanto sia essenziale per una rimarginazione della coscienza sociale, ferita e lacerata da ogni sorta di impurità ideologiche e pratiche, una severa battaglia contro la cultura pornografica, dilagata, attraverso forme più o meno esplicite, nella nostra quotidianità. Al di là della necessità morale, abbiamo colto quanto lontana sia una tale cultura dal tenere in rispetto e considerazione la realtà naturale di noi uomini e donne, che a immagine di Dio, siamo stati fatti per donarci e compenetrarci generosamente gli uni gli altri, perché dalle nostre unioni la vita sia rinnovata e vi siano nuove schiere di figli adottivi per il Padre celeste, la cui generosità, provvidenza e bontà i genitori sono chiamati a compartecipare.

Ministri per la procreazione, gli sposi cristiani hanno così ricevuto la benedizione e confermazione che l’ attrazione che sentono l’ uno per l’ altra è buona, è vera, è giusta, e non deve essere minata da forme impure di traviamento che la negano o tradiscono.

Abbiamo parlato di questa importante riforma nell’ articolo precedente: “Pornografia: l’ industria di un egoismo da smantellare“.

Insomma abbiamo tanto lavoro davanti, ma con l’ aiuto di Dio faremo tutto ciò che Lui vorrà, perlomeno cominciando a seminare dove altri non hanno ancora seminato, e a raccogliere dove altri hanno già arato e sono spuntati i primi frutti. Amen

Caro lettore, Dio ti benedica! Se hai qualcosa di pertinente da aggiungere, osservazioni critiche da muovere, o semplicemente desideri complimentarti con l' autore dello scritto, qui puoi farlo, purché con spirito costruttivo e carità fraterna. Grazie!

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